di Nadia Angeluccii. Giornalista e scrittrice.
«Questa è la storia di un sogno che prende vita in una baraccopoli di oltre centomila abitanti, appoggiata su un fianco della città di Buenos Aires, una città nella città forgiata dalla tenacia dei suoi stessi abitanti, a mani nude e sudore, dalla discarica sopra la quale è stata costruita. È la storia della Villa 21-24, un quartiere nato su impulso delle ondate migratorie attirate dalle industrie e dalla promessa di una crescita economica che, si diceva, non avrebbe lasciato indietro nessuno. Oggi le luci di quelle fabbriche sono spente e nel quartiere informale e precario, che vive il paradosso di esistere da quasi cento anni, lo Stato non riesce a fornire i servizi di base – luce, acqua, fogne – e nelle case di mattoni con il tetto di zinco gli abitanti vivono lo stigma della marginalità e della violenza. È qui che nel 2009 arriva Maximiliano Malfatti, Maxi, come maestro nella prima scuola elementare pubblica della Villa. È un insegnante e un militante sociale. La sua idea di educazione non si ferma sulla soglia dell’aula ma abbraccia il contesto sociale: «Bisogna sporcarsi i piedi con il fango del quartiere per comprendere e risolvere i conflitti e le necessità con le logiche e le dinamiche della Villa – ci dice – solo così avremo la possibilità di suscitare nei nostri studenti uno spirito critico che sia capace, attraverso una costruzione collettiva, di trasformare la realtà e generare diritti». Nasce la “pedagogia villera” (cioè della Villa) o “pedagogia sublevada” (ribelle). Su questi presupposti Maxi inizia a lavorare e stringe legami con i suoi studenti, le loro famiglie e gli abitanti del quartiere, dando luogo a progetti e idee.
Nel 2015 nasce Decir es Poder (Dire è Potere) un piano di alfabetizzazione nel quale gli studenti più grandi vengono formati per insegnare a leggere e scrivere ai propri vicini, a volte ai loro stessi zii, genitori, nonni che non hanno potuto studiare; questo processo educativo di prossimità ha immediatamente un grande successo sia nei numeri che negli esiti: «Oltre ad offrire un servizio essenziale, un giovane che insegna alla propria comunità rafforza la propria autostima e consolida i legami restituendo alle famiglie e allo stesso quartiere il diritto allo studio» dice ancora Malfatti.
Da questa esperienza prende vita il Profesorado Pueblos de América, una scuola magistrale riconosciuta nel sistema statale argentino, per formare maestri di scuola primaria e di adulti nelle scuole serali e nelle carceri; un corso di studi che oltre alle consuete materie curriculari inserisce una serie di saperi che prendono spunto dall’esperienza specifica dell’educazione popolare e “villera”. «Ci siamo resi conto – continua Malfatti – che i nostri professoristudenti avevano una prospettiva educativa originale e uno sguardo amorevole e rispettoso dei saperi delle persone adulte a cui insegnavano. Abbiamo iniziato a pensare che sarebbe stato utile che ci fossero insegnanti formati con questa prospettiva».
Questo sogno è realtà da 5 anni, coinvolge 30 insegnanti e 200 studenti e cambia la vita di molte persone. Ma è messo a rischio dalle politiche del governo di Javier Milei che dal suo insediamento ha tagliato in maniera indiscriminata la maggior parte dei programmi sociali che sostenevano l’economia argentina: riduzione di forniture di cibo alle mense comunitarie, la chiusura del Ministero che si occupa delle Politiche per le donne e contro la violenza di genere, riduzione degli stipendi degli insegnanti e di una serie di programmi educativi e sportivi che servivano a tenere i giovani lontani dalla strada e dal consumo di droga, e la cancellazione del trabajo complementario un sussidio offerto a fronte di lavori socialmente utili che, specialmente nelle “villas”, sosteneva molte economie familiari.
«Il Profesorado Pueblos de América è sostenuto da contributi di associazioni del terzo settore che ora sono in sofferenza per i tagli alla spesa sociale e non possono più aiutarci. Abbiamo perso anche il trabajo complementario che copriva borse di studio per i nostri studenti e gli permetteva di frequentare i corsi. Studiare è diventato di nuovo un privilegio» conclude Malfatti. Nel labirinto degli incubi che ciclicamente attraversano l’Argentina ancora una volta si torna all’emergenza educativa e alimentare, alla precarietà, alla povertà: «La situazione è sempre più difficile ma è necessario resistere agendo sulla creatività e plasmando collettivamente le azioni sui bisogni del territorio. Siamo uno spazio di resistenza culturale e popolare che parte dall’educazione come strumento di liberazione e guarda al futuro» dice Maxi.
Foto © Gustavo sanchez
Nadia Angelucci
Giornalista e scrittrice.