di Michele Lipori. Redazione Confronti.
Un recente rapporto del Pew Research Center indaga sul rapporto tra (non) appartenenza religiosa e migrazione in un contesto in cui il fenomeno migratorio rimane una tendenza stabilmente in crescita in tutto il mondo.
Secondo un recente Rapporto del Pew Research Center, a livello globale la migrazione è cresciuta costantemente negli ultimi decenni e oggi sono più di 280 milioni di persone, ovvero il 3,6% della popolazione mondiale, a vivere al di fuori del proprio Paese di nascita (i cosiddetti “migranti internazionali”). Secondo i rilevamenti, nel 2020 i cristiani costituivano il gruppo di migranti più numeroso (47% sul totale) tra le persone che vivono al di fuori del proprio Paese di nascita, seguiti dai musulmani (29%), hindu (5%), buddisti (4%) ed ebrei (1%). Le persone “religiosamente non affiliate” – cioè che affermano di non seguire alcuna religione o che si identificano come “atee” o “agnostiche” – rappresentano il 13% di tutte le persone che hanno lasciato il loro Paese di nascita e ora vivono altrove. Negli ultimi tre decenni, il numero totale di persone che vivono come migranti internazionali è aumentato dell’83%. – I cristiani costituiscono una quota molto maggiore di migranti (47%) rispetto alla loro percentuale sulla popolazione mondiale (30%). Il Messico è il Paese di origine più comune per i migranti cristiani e gli Stati Uniti sono la loro destinazione più comune. – I musulmani rappresentano una quota leggermente maggiore di migranti (29%) rispetto alla loro percentuale sulla popolazione mondiale (25%). La Siria è il Paese di origine più comune per i migranti musulmani che si spostano soprattutto in luoghi afferenti alla regione del Medio Oriente e del Nord Africa. – Le persone senza religione costituiscono una percentuale di migranti inferiore (13%) rispetto alla percentuale che rappresentano sulla popolazione globale (23%). La Cina è il Paese di origine più comune per i migranti non affiliati a una religione e gli Stati Uniti sono la loro destinazione più comune. – Gli hindu sono decisamente sottorappresentati tra i migranti internazionali (5%) rispetto alla loro percentuale della popolazione globale (15%). L’India è sia il Paese d’origine più comune che la destinazione principale dei migranti hindu. – I buddisti costituiscono il 4% della popolazione mondiale e il 4% dei migranti internazionali. Il Myanmar (Birmania) è il Paese di origine più comune per i migranti buddisti, mentre la Thailandia è la loro destinazione più comune. – Gli ebrei costituiscono una quota molto maggiore di migranti (1%) rispetto alla percentuale sulla popolazione mondiale (0,2%). Israele è il Paese di origine più frequente tra i migranti ebrei ma anche la loro principale destinazione.
RELIGIONE E MIGRAZIONE
Le persone si spostano a livello internazionale per molte ragioni ma religione e migrazione sono spesso strettamente connesse. Molti migranti decidono di trasferirsi per sfuggire alla persecuzione religiosa o per vivere tra persone che hanno convinzioni religiose simili. Spesso le persone si spostano e portano con sé la propria religione, contribuendo a cambiamenti graduali nella composizione religiosa del Paese di destinazione. Non è raro, però, che le persone migranti adottino la religione maggioritaria del Paese ospitante o una qualche altra religione o anche decidano di abbandonare tout court un percorso religioso. Ad ogni modo, anche se non è possibile delineare delle “leggi generali”, nel report emerge che i migranti prediligono vivere in Paesi in cui la loro identità religiosa è già prevalente.
FOCUS EUROPA
I migranti internazionali in Europa provengono più comunemente da altri Paesi europei (53% nel 2020), poi, per ordine di rappresentanza troviamo persone originarie dell’Asia (versante dell’Oceano Pacifico), del Medio Oriente e del Nord Africa. Negli ultimi decenni, una certa politica ha espresso preoccupazione riguardo al disfacimento della cultura europea dovuto all’aumento del flusso di migranti (una preoccupazione rivolta, a onor del vero, soprattutto nei confronti delle persone migranti di religione islamica), tuttavia il report sottolinea come molti Paesi europei che rappresentano una meta dei percorsi migratori siano interessati da tassi di fertilità piuttosto bassi e la migrazione abbia contribuito a evitare il declino della popolazione nazionale. Secondo i dati, infatti, la popolazione totale “autoctona” dell’Europa è cresciuta di 23 milioni tra il 1990 e il 2020, mentre la popolazione di migranti provenienti da fuori Europa è cresciuta di 21 milioni. Di conseguenza, si osserva che la popolazione di alcuni Paesi europei si sarebbe ridotta notevolmente senza i nuovi migranti provenienti dall’interno o dall’esterno dell’Europa. È il caso della Germania: nel Paese negli ultimi 30 anni la popolazione è cresciuta di 4,1 milioni, mentre quella migrante è cresciuta di 9,8 milioni. Un dato che suggerisce che la popolazione tedesca avrebbe potuto ridursi di 5,7 milioni se non fosse stato per l’apporto della migrazione. Ma anche le popolazioni di Montenegro, Grecia, Portogallo, Repubblica Ceca, Italia e Liechtenstein nel 2020 sarebbero state ben più ridotte rispetto ai dati di crescita del 1990.
PAESI DEL GOLFO
I sei Paesi che fanno parte del Consiglio di cooperazione del Golfo (Gcc) – Bahrein, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti – sono interessati dalle quote più elevate al mondo di persone nate all’estero tra la popolazione stabile. In questi Paesi, nel 2020, il 53% dei 58 milioni di persone che vivono nei Paesi del Gcc sono migranti. L’Arabia Saudita, con una quota di migranti del 37%, è l’unico Paese del gruppo con una popolazione a maggioranza nativa. All’estremità opposta della scala, la popolazione degli Emirati Arabi Uniti è per il 94% nata all’estero. I Paesi del Gcc hanno economie fiorenti e una forte domanda di manodopera straniera, che attira lavoratori migranti soprattutto dall’Asia meridionale e dunque il fenomeno migratorio è strettamente condizionato dalla stipula di contratti di lavoro. Anche se non sono disponibili dati ufficiali sull’appartenenza religiosa dei migranti nei Paesi del Gcc, attraverso fonti indirette il report rileva che le persone nate in questi Paesi si identificano per la maggior parte come musulmane e si stima che anche la maggior parte degli immigrati in questi Paesi (75%) siano di fede islamica, mentre circa il 14% siano cristiani e l’11% hindu. I governi del Gcc si conformano strettamente alle leggi e alle norme islamiche e gli studi del Pew Research Center rilevano costantemente che questi Paesi hanno elevati livelli di restrizioni sulla religione. Ogni Paese del Gcc, infatti, ha una legge contro la blasfemia e tutti tranne uno (Bahrein) vietano esplicitamente l’apostasia.
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Michele Lipori
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