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Mozambico, un difficile equilibrio sopra la follia

di Enzo Nucci

di Enzo Nucci. Giornalista. Già corrispondente della Rai per l’Africa subsahariana.

Alle elezioni dello scorso 9 ottobre in Mozambico, Daniel Chapo – del partito al potere Frelimo – è stato dichiarato vincitore con oltre il 70% dei voti. Ma il Paese è in subbuglio a causa delle accuse di frodi elettorali e del clima teso di una campagna elettorale culminata negli omicidi di due esponenti di punta di Podemos.

Le domande corrette sono le seguenti: possono gli elettori aver ancora votato per il 70% a favore del Frelimo, il partito-Stato che guida il Mozambico dal 1975 (anno dell’indipendenza dal Portogallo), e oggi piegato da povertà, inflazione alle stelle e terrorismo jihadista? È possibile che un così vasto consenso intorno al partito-guida non sia stato scalfito dalla endemica corruzione diffusa, non ultimo l’enorme scandalo dell’acquisto di una flotta di pescherecci?

Non bisogna girare ai posteri l’ardua sentenza: lo dimostrano gli scioperi che hanno paralizzato il Paese e le manifestazioni di protesta (che ufficialmente hanno registrato 11 persone uccise dalla polizia) per comprendere la vastità della contestazione popolare sui risultati elettorali, inficiati da denunce di brogli certificati anche dagli osservatori internazionali.

«Non possiamo accettare che la paura diventi il nostro futuro» tuonano i gruppi della società civile dei mozambicani residenti in Europa che sollecitano un intervento internazionale.

La scontata vittoria è andata a Daniel Chapo, eletto presidente con il sostegno del Frelimo. Al secondo posto con il 20% dei consensi si è piazzato Venâncio Mondlane, uscito pochi mesi prima della scadenza elettorale dalla Renamo (storico gruppo dell’opposizione) e sostenuto da Podemos, mentre Ossufo Momade (candidato per la Renamo) si è fermato a meno del 6% di preferenze.

Anche in parlamento il Frelimo ha fatto man bassa di deputati. La campagna elettorale si è svolta in un clima molto teso, culminata negli omicidi di due esponenti di punta di Podemos e stretti collaboratori di Mondlane. Società civile e stampa indipendente mozambicana hanno bollato gli assassinii come ennesimi “delitti di Stato” perpetrati dagli “squadroni della morte” attivi da tempo all’interno delle forze di polizia e dei servizi segreti per eliminare personaggi scomodi.

I brogli elettorali, secondo le denunce, hanno riguardato la sostituzione di interi blocchi di voti reali con schede precompilate e addirittura in alcuni casi il numero dei voti è stato maggiore rispetto a quello dei votanti.

Irregolarità nei conteggi e voti truccati sono stati confermati dagli osservatori della missione dell’Unione europea secondo cui «il voto non è stato equo né libero».

La situazione si è subito rivelata tanto rovente da costringere il candidato perdente Venâncio Mondlane a lasciare il Paese e rifugiarsi in Sudafrica, da cui continua la sua campagna di contestazione con seguitissime dirette sui social. L’opposizione chiede il riconteggio delle schede ma è quasi impossibile che organismi sotto stretto controllo governativo (come la Commissione elettorale e il Consiglio costituzionale) annullino i risultati per poi sollecitare una nuova consultazione.

Analoghe proteste relative a elezioni amministrative del 2023 sono state brutalmente bocciate. Quindi la “patata bollente” passa nelle mani dell’Unione europea che per la prima volta ha riconosciuto la rilevanza della truffa elettorale. L’opposizione invita l’Ue a «trasformare le denunce in azioni significative, dunque non solo parole ma azioni concrete che garantiscano i diritti di scelta del popolo mozambicano».

La pressione arriva in un momento di forte crisi dell’organismo europeo, diviso al suo interno su questioni cruciali. E in ogni caso l’Ue è costretta a un affannoso e impervio slalom costituito dagli interessi che grandi multinazionali (come la francese TotalEnergies, l’italiana Eni e la statunitense ExxonMobil) hanno nel settore dell’estrazione petrolifera e del gas nella provincia nordorientale di Cabo Delgado, scossa dal 2017 dall’offensiva jihadista che ha causato 6mila morti (tra civili e combattenti) e centinaia di migliaia di sfollati.

Una situazione tornata relativamente sotto controllo dopo l’intervento di contingenti stranieri (in particolare truppe inviate dal Ruanda) ma che dallo scorso febbraio si è di nuovo infiammata. Senza dimenticare che la stessa Unione europea è impegnata dal 2021 in una missione di addestramento militare delle forze armate mozambicane per la protezione della popolazione di Cabo Delgado.

Il tema della produzione di gas naturale liquefatto è diventato
centrale nel dibattitto politico dopo la disponibilità di
TotalEnergies a investire 20 miliardi di dollari per far ripartire il progetto, fermo da 3 anni per gli attacchi dei terroristi islamisti.

Il governo del Frelimo ha necessità di “pacificare” a qualunque costo la provincia del Nord-Est, ma anche di non essere “ostacolato” da scioperi che paralizzano il Paese per passare all’incasso. Un complesso equilibrio politico-economico-militare difficile da garantire da parte dell’esecutivo sotto la brace del 60% della popolazione del Mozambico che vive in condizioni di estrema povertà.

Ph ©Farah Nabil via Unsplash

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Enzo Nucci

Giornalista. Già corrispondente della Rai per l’Africa subsahariana.

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