Il ritorno di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti potrebbe spingere i Paesi europei ad aumentare la spesa militare, soprattutto in armamenti e tecnologia. Tuttavia, l’incertezza sulla reale domanda di armi rende difficile pianificare una produzione equilibrata. Per bilanciare questa spinta alla militarizzazione, è cruciale investire nella politica estera e nella formazione di una classe dirigente capace di affrontare sfide complesse.
Dispacci di pace
Trump e la pace. In un mondo instabile, il ruolo decisivo dell’Ue
Le visioni basate sui rapporti di forza promosse da Trump rischiano di creare stabilità illusorie e alimentare conflitti latenti. Il ruolo dell’Unione europea è cruciale perché, con il suo modello di integrazione economica e istituzionale, può offrire un’alternativa concreta per una pace duratura.
Con “ucronia” si intende la costruzione da parte degli scrittori di un mondo alternativo a quello che la Storia ci ha consegnato e prende forma per dare una risposta alla domanda «che mondo avremmo avuto se alcune condizioni ovvero determinati eventi non si fossero realizzati?»
I leader mondiali che stanno alimentando le guerre condividono con Donald Trump una visione del mondo che si basa su governi guidati da “uomini forti”, su governi aggressivi all’interno dei propri Paesi per tacitare le opposizioni e le minoranze, su una costante militarizzazione e soprattutto su relazioni internazionali basate esclusivamente su rapporti di forza. Una visione che ha pesanti conseguenze sulla conservazione della pace a livello globale.
Durante la Guerra fredda, la paura della bomba atomica non era presente solo a livello “alto”, ma anche nell’opinione pubblica a causa della sua presenza in diverse manifestazioni artistiche. Oggi la percezione è molto cambiata, ma l’apparente mancanza di preoccupazione in merito a un’escalation nucleare rappresenta un pericolo molto grande.
La guerra tra Russia e Ucraina si sta prolungando oltre ogni aspettativa ed è chiaro ormai a tutti che essa non avrà un chiaro vincitore ma ad un certo puntovi sarà un cessate il fuoco e le due comunità ricominceranno a convivere in una situazione ancora più difficile rispetto al passato. Ma come sarà possibile realizzare tale convivenza?
All’indomani dell’attacco diHamas del 7 ottobre, l’opinione pubblica interna e internazionale unitamente alla gran parte dei leader di governo erano, senza dubbio alcuno, a favore del capo di governo israeliano Benjamin Netanyahu. Mesi dopo, questo appoggio si sta sgretolando e non solo all’interno del suo Paese ma anche in ambito internazionale.
All’indomani dell’approvazione dell’accordo di sostegno all’Ucraina, Ursula Von der Leyen ha dichiarato: «Inizieremo a lavorare alle nostre riforme per prepararci a una Unione di oltre30 Stati membri». Tale apertura aprirebbe a molte criticità, ma se procedesse a ritmo spedito e convinto, l’Ue tornerebbe alla sua missione originaria: quella di essere quell’organizzazione che contribuisce alla costruzione della pace nel Continente.
A dispetto di quello che si pensi, lo stallo – quello in cui si trova il conflitto tra Russia e Ucraina, per esempio – è una delle situazioni più comuni dei conflitti armati. Questo a dispetto dell’eredità della Seconda guerra mondiale, quando la Germania nazista fu completamente sgominata dagli Alleati insieme agli altri Paesi dell’Asse.
Lo scorso novembre, la prima commissione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione sulle armi autonome. Il documento, proposto dall’Austria e votato con 164 a favore – tra cui l’Italia –, sottolineala necessità di «affrontare le sfide e le preoccupazioni sollevate dai sistemi d’arma autonomi», da un punto di vista tecnologico, etico e umanitario.