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A proposito del «Bizzarro concetto di laicità» e del «variegato mondo cattolico»

by redazione

di Mario Campli

A partire da martedì 31 ottobre 2017, su Avvenire si è aperta una discussione sul silenzio pressoché totale dei “media cosiddetti laici” sull’evento della 48° Settimana Sociale dei cattolici italiani, svoltasi a Cagliari, 26-29 ottobre 2017.

Ho seguito i lavori delle “Settimane sociali”; ne ho letto analisi e proposte, con l’attenzione che meritavano e meritano e, persino, con una certa attesa – come mi capita di fare , ancora a questa mia tarda età – nella ricerca di soluzioni o abbozzi di soluzioni (“se non porti almeno una soluzione fai parte anche tu del problema”) alle numerose e diverse problematiche della società italiana-europea.

Dirò, subito, che il mio primo approccio, nel seguirle, non è stato quello di “vediamo cosa propongono i cattolici” del mio Paese. Questo mio preciso stato mentale mi ha portato a concentrarmi prioritariamente sul merito e ad approfondire le analisi e le proposte come tali: «Il lavoro che vogliamo: libero, creativo, partecipativo, solidale»; lasciando sullo sfondo la pur esplicitata ( quindi da me registrata) ispirazione dei-delle proponenti (della cui ispirazione, peraltro, sono parte). E ritenendo – allora e anche ora mentre scrivo – che la Costituzione e la professionalità siano una sufficiente e adeguata base ideale a collocare analisi e proposte dentro le dinamiche del tessuto della società italiana ed europea, da parte di tutte le specifiche ispirazioni presenti e operanti nella storia di questo Paese.

Successivamente, la lettura della Nota del 31 ottobre, a firma di Luigino Bruni (e successivamente il perdurare della discussione sul sito di “Avvenire” dedicata specificamente alla discussione) mi ha sollecitato a spostare l’ attenzione sul tema da sollevato, nella Nota (incipit: “A chi interessa ciò che il mondo cattolico vive, pensa, propone in ambito sociale ed economico? Dal silenzio imbarazzante dei media cosiddetti laici sui lavori e sulle proposte della 48ª Settimana Sociale dei cattolici italiani di Cagliari, si direbbe che interessi soltanto al mondo cattolico, ai suoi media, ai suoi giornali”).

Nella Nota, Bruni, afferma altresì: “ ci sono anche ragioni più profonde. La prima ha a che fare con il bizzarro concetto di laicità che si è affermato nel nostro Paese (…). Ma se poi andiamo a scavare di più, troviamo qualcosa di ancora più puntuale. Ai cattolici, in realtà, si lascia un certo spazio e una certa libertà di esprimersi “in pubblico”, ma soltanto su temi inseriti in una lista chiusa di argomenti “eticamente sensibili”. Se si esce da questa lista, anche se la Chiesa e i cattolici parlano è come se non parlassero: non hanno “voce” in questi capitoli. Possono parlare di povertà, di vita (senza esagerare), un po’ di famiglia. Ma se iniziano a parlare di lavoro, di tasse, di scuola, addirittura di economia o di finanza, escono dalla lista bloccata e semplicemente vengono ignorati. Quindi, quando i cattolici si esprimono sui temi laicamente consentiti dalla lista si è legittimati, ma non ascoltati, perché considerati espressione di una visione culturale partigiana. Quando dicono la loro sui temi fuori lista, sono semplicemente bocciati perché fuori tema”.

Mentre mi sarei aspettata una reazione aspra e motivata per la disattenzione manifestata dalla stampa in generale di fronte al «fatto» di un convegno di studio, di analisi e di proposte di “mille rappresentanti” sul tema e l’avrei gradita e sostenuta – nel mio piccolo – per una giusta, normale, preziosa azione di contrasto alla superficialità di una Comunicazione/Opinione pubblica che si alimenta – troppo spesso – di chiacchiericcio e di cortocircuiti mediatici che non fanno onore al mio Paese nel consesso della cultura politica europea, resto stupito di questo tipo di reazione che a me pare costituisca – a suo modo- un supporto (insperato e non necessario) all’andazzo di cui sopra e, contemporaneamente, una conferma e condivisione (involontaria) di un “bizzarro concetto di laicità”; fino al punto da renderlo legittimo e normale.

Giunto all’età di cui sopra, mi volto indietro e vedo che sono cresciuto – via via e anche con un impegno di studio e di ricerca – nell’acquisizione di un concetto di laicità come atteggiamento intellettuale razionale caratterizzato da libertà di coscienza, intesa quale libertà di conoscenza e di credenza, critica e autocritica: non una sorta di ‘partito preso’ ma una visione del mondo, metodo e sostanza del pensiero: di credenti, non credenti e diversamente credenti. Una consapevolezza che non mi impedisce di vivere la mia fede cristiana; che – all’incirca verso i trent’anni – ha trovato una sua particolare forza nella lezione di vita, ed anche intellettuale, di Dietrich Bonhoeffer – il giovane teologo protestante che dal carcere nazista sarebbe uscito solo per andare al sacrificio della vita per la libertà, per la sua patria Germania, per la democrazia, testimoniando anche la sua fede cristiana, libera e liberante.

Questa laicità non qualifica – neppure nel paese Italia – i «mondi» in base alla religione, tanto meno in forza della fede cristiana (“ Il cristianesimo non è una teoria della Verità, o una interpretazione della vita. Esso è anche questo, ma non in questo consiste il suo nucleo essenziale. Questo è costituito da Gesù di Nazareth, dalla sua concreta esistenza, dalla sua opera, dal suo destino” – Romano Guardini).

Forse, si può dire – laicamente e correttamente – che le divisioni o le contrapposizioni ed anche il conflitto, possano e debbano avvenire sul piano delle visioni socio-economiche e politiche. Punto. Nei contrasti – moralmente e civilmente legittimi – non cadiamo nel tranello di dividere la società tra laici e cattolici (neppure «come» e/o «in quanto»). A cosa servirebbe? Laico può essere il credente come il non credente. Entrambi possono essere protagonisti del più vuoto dogmatismo e/o della superficialità e disattenzione, che in questo specifico caso si traducono nella mancanza grave di professionalità. Quella che la denuncia di Bruni evidenzia, correttamente, è un: “difetto di professionalità”. E di serietà.

E siccome Luigino Bruni, di professione economista, aggiunge di essersi astenuto nel corso delle «Settimane» da fare «proposte più profetiche come quelle, specialmente care anche a chi scrive, sulla “economia disarmata”», desidero precisare che non è bene privarsene – se professionalmente e scientificamente (economia e scienze sociali) le si ritiene utili e necessarie; e non è opportuno farsi condizionare – anche qui per amore della laicità” – se questa profezia dovesse toccare approcci e tematiche, scrive sempre l’economista: “sulle quali il consenso all’interno del variegato mondo cattolico [il corsivo è mio] sarebbe stato probabilmente più difficile”.

Ovviamente, la lettura “profetica” dei fatti della storia e della società (economia compresa) sarà sottoposta a valutazioni critiche per la loro intrinseca sostanza sociale, economica, politica e non per le ispirazioni ideali (anche di fede, anche ‘profetica’) che le accompagnano.

Come si può constatare, anche il cattolico economista – attraverso una implicita e rapidissima analisi sociologica – rileva laicamente/scientificamente che il mondo cattolico è «variegato»!

E, quindi, c’è un L. Bruni di cui ho letto e citato qualche tempo fa, l’ottimo: “Le nuove virtù del mercato nell’era dei beni comuni” (2012), c’è un papa che scrive o autorizza a scrivere: “L’economia uccide”, e un cattolico che (nelle stesse ore nella quali le Settimane sociali stavano svolgendosi e concludendosi) afferma, dinanzi alla stessa società del nostro Paese alla quale erano dirette le proposte della 48° Settimana sociale: “invece di preoccuparsi dello «ius soli» si pensi alle famiglie e a chi fa figli!” (copyright di Maurizio Lupi).

Ecco una breve istantanea del variegato «mondo cattolico»!

In questi tempi, anche essi, variegati (per usare una parola dolce) la fede/le fedi e la profezia sono da maneggiare con molta circospezione! Già oggi, nazioni e culture politiche, nella Unione europea – vedi Polonia e Ungheria (e leggendo in contemporanea l’art. 2 del TUE) dove il variegato mondo cattolico è parte decisiva almeno statisticamente di quelle società – affermano la pretesa di scegliersi i rifugiati sulla base della omogeneità della fede del rifugiato con il paese di accoglienza. In questa «pretesa» (cioè: la identità cristiana cattolica come determinante nella politica, nelle leggi e nella società, o, detto in altri termini, molto chic pure già usati, il dovere della “non sterilizzazione politica della fede”) si basa – anche chi accusa il governo italiano di “genocidio” (è stato fatto pubblicamente già questa estate scorsa), perché stava tentando di governare il fenomeno epocale delle Migrazioni (e non in base a alle religioni di appartenenza, ma solo in termini quantitativi – visto che altri Paesi membri della Unione rifiutano di ospitare quote di immigrati autorevolmente definite dal Consiglio). Ambedue le forme di quella stessa “pretesa” appartengono allo stesso variegato mondo cattolico.

E non è finita: mentre scrivo, apprendo dalla stampa, che sempre nel variegato mondo cattolico (a Viterbo) è nata, in questi giorni, un’aspra contrapposizione tra un cattolico dirigente di partito (PD, partito non cattolico e neppure anti o a-cattolico) che ha chiesto la benedizione della sede del partito e il suo vescovo che non ha voluto concedere questa “pratica religiosa” (qui la fede cristiana e cattolica non è assolutamente in questione).

E non è finita ancora! Fra qualche giorno, altre componenti del «variegato mondo cattolico» si propongono di produrre “analisi” politiche e, forse, persino ‘costituzionali’ contro le prassi di «genocidio», con riguardo soprattutto  al fenomeno epocale delle migrazioni. Il «variegato mondo cattolico», mette questa volta a base della sua iniziativa la famosa teoria filosofico/teologica del «to Katechon» della seconda Lettera ai Tessalonicesi, tornando così ai “fondamentali orientamenti di filosofia politica connessi ad una visione apocalittica del tempo” (M. Cacciari), che nella contemporaneità si presta ad inglobare le svariate  forme di radicalizzazione con le quali sono alle prese più culture e religioni. Cosicché: in Polonia e in Ungheria si vuole «selezionare» il cosiddetto “popolo dei migranti” in base all’identità cristiano-cattolica del paese di arrivo, mentre in Italia si dovrebbe «accogliere» tutti, sempre in base all’identità cristiano-cattolica.

Non si finirebbe più nell’elencare le multiformi manifestazioni della categoria di “variegato”.

L’auspicio che mi permetto di esprimere è che il variegato mondo cattolico (di cui sono parte) ricordasse con umiltà questa schietta e impegnativa  parola: «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date», sentendosi da essa chiamato a testimoniarla e trasmetterla senza attendersi (men che meno: pretendere) alcun «beneficio» politicamente determinante. Una prassi, questa, (di più: un pensiero!) coerente con un  alto e profondo  concetto di laicità che accomuna i credenti, i non credenti e i diversamente credenti: in base al quale possiamo, laicamente e vicendevolmente,  criticare e accettare critiche; impostare programmi e azioni politiche; aprire e chiudere i conflitti ideali….sicut deus non daretur.

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