intervista a Carlo Fusaro (professore ordinario di Diritto pubblico comparato all’Università di Firenze), a cura di Adriano Gizzi
Quali sono a suo giudizio i principali vantaggi di questa riforma costituzionale?
«Questa riforma affronta (e secondo me con ogni probabilità risolve) alcuni dei maggiori problemi della Parte seconda della Costituzione: dei quali in effetti si discute da oltre trent’anni e sull’esistenza dei quali quasi tutti concordano. Si tratta del superamento del bicameralismo fondato su due camere quasi gemelle che fanno le stesse cose e rappresentano tutt’e due i cittadini politicamente organizzati. Il cosiddetto “bicameralismo paritario e indifferenziato”. A dire il vero una differenza c’è: e costituisce un serio problema democratico. Il Senato non è eletto dai cittadini fra i 18 e i 25 anni: quattro milioni. Non è poco. Inoltre la riforma affronta un problema più recente: il rendimento discusso della riforma del titolo V (Rapporti Stato-Autonomie) del 2001. Lo fa chiarendo la preminenza legislativa dello Stato: in compenso porta Regioni e Comuni dentro il nuovo Senato, in Parlamento».
Adriano Gizzi
intervista a Gianfranco Pasquino (professore emerito di Scienza politica dell’Università di Bologna)
a cura di Adriano Gizzi
Lei sostiene che la riforma del Senato peggiora l’esistente perché porta a un bicameralismo «sicuramente imperfetto e squilibrato». E, in alternativa, indica come esempio da seguire quello del Bundesrat tedesco. Quali sono gli elementi di questa riforma che non la convincono?
«La riforma del Senato nasce da due motivazioni: 1) accarezzare l’antipolitica riducendo il numero dei parlamentari e le relative nient’affatto ingenti “spese”; 2) togliere al Senato il potere di votare o no la fiducia al governo per ovviare all’inconveniente causato nelle elezioni del febbraio 2013 dalla legge elettorale (una maggioranza chiara alla Camera, frutto del premio di maggioranza, e una situazione di stallo al Senato, ndr). Sono motivazioni occasionali e deteriori che, infatti, non hanno nulla a che vedere con la creazione convinta e pensata di una Camera delle autonomie né con il miglior funzionamento del sistema politico».
di Adriano Gizzi
Dopo aver fatto approvare la legge elettorale a colpi di fiducia, contro tutte le opposizioni e una parte del proprio stesso partito, Renzi affronta ora la lunga battaglia per far passare anche le riforme costituzionali, a cominciare dal ridimensionamento del Senato che diventerà organo di rappresentanza delle istituzioni territoriali. Chi fa le porzioni della torta non deve scegliere per primo la fetta: lo prevede una regola elementare di buon senso, proprio per evitare che poi possa scegliere per sé la più grande. Così dovrebbe essere anche per le regole del gioco democratico…
intervista ad Alessandro Portelli
(Portelli ha insegnato Letteratura americana alla facoltà di Scienze umanistiche dell’Università La Sapienza di Roma)
I recenti episodi che hanno visto cittadini afroamericani – quasi sempre disarmati – uccisi da agenti di polizia, le reazioni della comunità nera, la condanna delle discriminazioni razziali espressa dal presidente Obama alle celebrazioni del cinquantesimo anniversario di Selma e il conflitto tra il Congresso e la Casa Bianca.
«Un cittadino nero statunitense ha più probabilità di essere ucciso nel suo quartiere che in Afghanistan. Sono infatti circa 400 le persone uccise ogni anno dalla polizia negli Stati Uniti, mentre la media dei soldati americani che muoiono in Iraq o in Afghanistan è di 385 l’anno». A parlare è Alessandro Portelli, che ha insegnato Letteratura americana alla Sapienza di Roma ed è impegnato da sempre a diffondere la cultura «dell’America a cui vogliamo bene», come lui stesso la definisce, «quella di Woody Guthrie, Pete Seeger, Bob Dylan, Bruce Springsteen, Malcolm X, Martin Luther King, Cindy Sheehan, Mark Twain, Don DeLillo, Spike Lee e Woody Allen».
di Adriano Gizzi
Per mesi i media hanno preparato l’opinione pubblica al fatto che con le elezioni europee si sarebbe abbattuta un’ondata euroscettica e «anti-europea» su tutto il continente. Spesso, però, hanno dimenticato di analizzare e spiegare come e perché nascono le critiche verso alcune scelte compiute dall’Unione europea. I cittadini vengono così divisi in pro e contro l’Europa: la possibilità di essere a favore dell’unità, ma per andare in una direzione diversa, non viene presa in considerazione.
Come previsto da tutti, le elezioni europee di maggio hanno segnato il trionfo dei cosiddetti «euroscettici»: categoria molto vaga, che può essere più o meno estesa a seconda dei punti di vista. Potremmo comprendere in questa definizione tutti i critici verso le politiche portate avanti in questi anni da popolari, socialisti e liberali nel Parlamento europeo. Ma quest’area vasta (ormai quasi al 40%) è anche molto eterogenea e comprende forze politiche moderate ed estremiste, di destra, di sinistra e senza etichetta. C’è tutto e il suo contrario: pacifisti e ultranazionalisti, difensori dei diritti umani e beceri razzisti, fini intellettuali e populisti, amici degli animali e neonazisti. Non tutti i media sono stati attenti a distinguere, per cui per esempio è capitato che qualcuno definisse «euroscettici» i nazisti greci di Alba dorata.
di Adriano Gizzi – Al di là delle simpatie o antipatie per il personaggio, ma anche al di là del giudizio sui modi e lo stile, dopo la manovra politica che ha portato Renzi a sostituire Letta alla presidenza del Consiglio tutti si sono posti la stessa domanda: perché? Cosa lo ha spinto? Cosa gli dà tanta sicurezza?
Il 26 febbraio scorso si è tenuto alla Fondazione Basso di Roma un incontro organizzato da Lunaria e Sbilanciamoci.info su «L’alba del renzismo». L’occasione è stata fornita dall’uscita di un inserto speciale del quotidiano il manifesto (il quarto di una serie intitolata «Sbilanciamo l’Europa») dedicato al «Renzismo in arrivo».
di Adriano Gizzi e Daniela Mazzarella – Il 14 gennaio scorso, presso il Jewish Community Center di via Balbo a Roma, si sarebbe dovuto tenere un dibattito in occasione della presentazione del libro di Fabio Nicolucci «Sinistra e Israele. La frontiera morale dell’Occidente». Come si leggeva chiaramente nella locandina che pubblicizzava l’incontro (che anche Confronti ha contribuito a diffondere) erano previsti gli interventi di Lucio Caracciolo (direttore di Limes), Emanuele Fiano (deputato del Pd e segretario di Sinistra per Israele), Lucia Annunziata (direttrice Huffington Post Italia), Tobia Zevi (dell’associazione di cultura ebraica Hans Jonas), Giorgio Gomel (rappresentante di JCall Italia, il gruppo italiano del movimento «European jewish call for reason», nonché collaboratore del nostro mensile) e naturalmente dell’autore del libro.
Abbiamo scritto «si sarebbe dovuto», perché in realtà un vero dibattito non c’è stato. La sala era strapiena e almeno 150 persone erano lì per ascoltare civilmente e democraticamente le opinioni di tutti i relatori, ma un gruppo organizzato (una trentina di persone) ha deciso che non potessero prendere la parola né Gomel né Zevi, che tra l’altro erano proprio gli organizzatori della presentazione.
di Adriano Gizzi – Molti gli esponenti del mondo della cultura e della politica che hanno partecipato al convegno sul tema «Non credenti e credenti: differenti, con identici diritti», promosso dall’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti (Uaar).
di Adriano Gizzi – Ora che il Porcellum è stato finalmente dichiarato incostituzionale dalla Consulta, nelle parti che prevedono le liste «bloccate» senza preferenze e un premio di maggioranza senza soglia minima di voti, tutti si mostrano molto soddisfatti. Festeggiano anche quelli che esattamente otto anni fa, nel dicembre 2005, avevano votato questa legge elettorale (tutti i partiti del centro-destra di allora, Udc compreso), ma persino il suo ideatore, il leghista Calderoli, che l’aveva definita «una porcata». Paradossi e giravolte della politica italiana, niente di nuovo.
Il problema è che tutti, almeno a parole, sono contrari a questa legge, ma non trovano un accordo su come superarla. C’è chi insiste da tempo sulla soluzione più semplice e rapida: un ritorno alla legge elettorale precedente (il cosiddetto Mattarellum), per tre quarti uninominale secca «all’inglese» e per un quarto proporzionale, con cui avevamo votato nel 1994, nel 1996 e nel 2001. Fino a poco fa, le ragioni per sostenere questa ipotesi erano legate soprattutto ai tempi: se aspettiamo che tutte le forze politiche trovino un accordo su una legge elettorale nuova di zecca, voteremo con il Porcellum almeno per i prossimi vent’anni.
l risultato delle elezioni di febbraio ha riportato al centro dell’attenzione la necessità di una riforma elettorale. Tutti vogliono disfarsi del porcellum, ma non c’è accordo sul come. Nessuna legge potrà mai conciliare pienamente governabilità e rappresentatività, ma questa è riuscita nel «capolavoro» di colpirle entrambe.
Settimana decisiva per la legge elettorale. Questo l’ottimistico titolo che giornali e televisioni hanno ripetuto ininterrottamente tra giugno e inizio dicembre dell’anno scorso. Per mesi sembrava che le forze politiche fossero alla vigilia di un accordo che finalmente cancellasse il porcellum, la legge che il suo stesso autore – il leghista Calderoli – ha definito «una porcata» e che poi tutti si sono affrettati a rinnegare, compreso quel centro-destra che l’aveva votata.