di Roberto Bertoni. Giornalista e scrittore Ricordo tutto di quel martedì, come se fosse ieri. Ricordo il susseguirsi di notizie sempre più…
attentato
di Enrico Campofreda Giornalista e scrittore Sull’emerita salma di Mohsen Fakhrizadeh, fino al giorno dell’attentato letale guida, se non suprema oggettivamente centrale,…
di Valeria Brucoli. Giornalista. Sri Lanka, 21 aprile 2019. Sono circa le 9.00 di domenica mattina e la comunità cristiana è raccolta…
Con gli attentati che sono costati la vita a 250 persone in Sri Lanka un popolo intero – compresi i tamil ex simpatizzanti dei guerriglieri – si desta dal sogno di poter vivere un’era di prosperità e pace, anche in un paese a maggioranza buddhista non sempre tollerante. Eppure chiari segnali in tal senso, purtroppo ignorati, erano già apparsi all’orizzonte.
Che cosa abbiamo di fronte? Un vento di follia che dalla Nuova Zelanda all’Italia fa preda di menti deboli e confuse? Una corrente letale e irrazionale di violenza che attraversa il mondo intero cercando giustificazioni ideologiche? Lo scontro tra il terrorismo suprematista da una parte e quello antioccidentale dall’altro?
di Paolo Naso
A caldo è difficile trovare le parole per commentare l’attentato del 7 gennaio al settimanale satirico Charlie Hebdo di Parigi. La «geometrica precisione» di un’azione paramilitare, la forza simbolica dell’obiettivo, la brutalità dell’esecuzione a freddo di giornalisti, disegnatori e poliziotti ci danno la misura di un gesto clamoroso e calcolato.
La domanda di queste ore è che cosa gli attentatori abbiano voluto dire e a chi intendessero rivolgersi. Rispondere a questi interrogativi quando ancora mancano certezze sul piano delle indagini è certamente molto rischioso. Ma di fronte a un gesto eccezionalmente grave e programmatico come quello di Parigi tacere sarebbe irresponsabile e incomprensibile.
È questo il tempo di parlare e forse di urlare per dire che quanto è accaduto non può avere alcuna giustificazione religiosa, politica o culturale.