di Marco Mazzoli (professore di Politica economica all’Università di Genova)
Il 2016 si è aperto in un clima di inquietudine, tra emergenze umanitarie, conflitti sempre più drammatici (non più solo nel martoriato Medio Oriente) e preoccupazioni di carattere economico, legate al crollo della borsa cinese: un fatto molto rilevante per l’economia globale, dato che il Pil cinese rappresenta oltre il 13% del Pil mondiale. Nel 2016 i fattori geopolitici potrebbero influire sull’economia mondiale molto più di quanto sia avvenuto in tempi recenti. Partiamo dalla Cina. Il crollo della borsa è stato preceduto, nei mesi passati, da numerosi segnali di rallentamento della crescita cinese: il nuovo dato della Bank of China, che ha rivisto la sua previsione di crescita per il 2016 al 6,8%, è in calo sia rispetto alla precedente previsione (6,9%) che rispetto ai dati dell’inizio del 2015, attestati intorno al 7%. Dopo che nel luglio 2015 si era registrato un rallentamento delle esportazioni, in agosto le autorità monetarie cinesi hanno svalutato lo yuan. Ovviamente, lo scopo era quello di sostenere le esportazioni e, di conseguenza, la crescita del Pil.
Tuttavia è importante osservare le modalità inusuali con cui tale misura è stata messa in atto: se, in generale, questo tipo di decisioni sono implementate dalle autorità in modo rapido e drastico, nell’arco di poche ore, la svalutazione dell’agosto 2015 è stata effettuata a diverse riprese, nell’arco di più giorni.
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