di Franco Cardini (storico)
Le elezioni legislative di novembre hanno rafforzato la posizione di Erdogan. Consapevole dell’importanza geostrategica della Turchia per la Nato, il «sultano» manda segnali chiari all’Europa giocando la carta dei profughi e avverte la Russia – abbattendo un suo aereo militare – che Ankara difenderà i suoi interessi nel Medio Oriente.
Possiamo forse adesso cominciare a capire come sfrutterà Erdogan la sua prestigiosa vittoria nelle elezioni, ma da qui a sostenere che ci sono stati dei brogli, delle intimidazioni, delle violenze, ce ne corre. Anzi, diciamolo pure: a parte qualche caso particolare e qualche diceria, sostanzialmente non è vero. L’affluenza ai seggi è stata alta ma ordinata, com’è del resto nelle tradizioni turche. Gente abituata alla disciplina, e non da ieri, i turchi sono disciplinati perfino quando protestano. La Turchia si è espressa liberamente e a larga maggioranza: sta con Erdogan, ed è perfettamente inutile rispolverare la solita obiezione idiota che «anche Hitler andò al potere vincendo libere elezioni». Un paragone che non vuol dir nulla.
califfato
di Mostafa El Ayoubi
Improvvisamente il mondo ha scoperto il problema «Stato islamico» dell’Iraq, ma in realtà esso era già operativo in Siria dal 2013, quando ha occupato diverse aree del Paese. Quando i jihadisti combattono in Siria sono considerati dei combattenti per la libertà, mentre quando si espandono in Iraq sono considerati dei terroristi. E intanto i mezzi d’informazione contribuiscono ad incrementare il terrore tra l’opinione pubblica internazionale ma non aiutano a inquadrare meglio questo fenomeno.
Il macabro gesto di decapitazione dei tre giornalisti occidentali da parte dei jihadisti dell’Isis, questa estate, documentato da video postati nella rete, ha creato in seno alla comunità internazionale un forte senso di terrore e insicurezza.
A partire da giugno, e nel giro di pochi mesi, lo Stato islamico dell’Iraq e del levante, Isis (sigla inglese per indicare il movimento), rinominato in seguito Stato islamico, è diventato di punto in bianco una grande minaccia per il mondo intero.
L’approccio sensazionalista dei media al fenomeno Daesh – così viene chiamato in arabo questo gruppo jihadista – ha contribuito ad incrementare il terrore tra l’opinione pubblica internazionale.