di Michele Lipori. Redazione Confronti. “I can’t breathe” (non riesco a respirare), queste le ultime parole pronunciate da George Floyd – un afro-americano di…
carceri
di Gaetano De Monte. Giornalista Dimenticate o quasi, ormai, dalla fine in maggio in poi, le misure restrittive delle libertà applicate dal…
Liberation prison project nasce negli Usa nel 1996 dalla monaca buddhista Robina Courtin. In Italia il primo nucleo si forma nel 2009 e da lì a poco viene fondata una Onlus la cui missione è operare negli Istituti penitenziari con incontri che riflettono l’epistemologia buddhista.
In attuazione della beatitudine “visitare i carcerati” vi sono state, lungo la storia, diverse iniziative dei fedeli per attuare quel mandato. Di particolarissimo rilievo furono, nel Medio Evo, due ordini religiosi, i “trinitari” e i “mercedari”, dediti a riscattare con il denaro,talora offrendosi al loro posto, i cristiani caduti nelle mani di saraceni e pirati.
(a cura di Tiziana Bartolini e Paola Ortensi)
Editrice Cooperativa Libera Stampa, 80 pagine
Con la prefazione di Agnese Malatesta e un’intervista alla direttrice Ida Del Grosso
“Il mondo come prigione?”. Un convegno per passare dalla pena rabbiosa alla pena riflessiva
di Alice Tinozzi
Il 19 aprile si è svolto a Roma il convegno “Il mondo come prigione?”, che ha affrontato il tema delle carceri analizzando in particolare la relazione tra le strutture penitenziarie e la società contemporanea.
L’Associazione Liberarsi onlus INVITA al Convegno:
2017: 25 ANNI DI 41 BIS, 25 ANNI DI TORTURA
Sabato 8 aprile 2017
Sala Centro Sociale Valdese
via Manzoni, 21 – FIRENZE
Per ricordare la figura di Marco Pannella, vi riproponiamo una sua intervista raccolta da Gian Mario Gillio nel corso di un lungo sciopero della fame e della sete del leader radicale sul tema delle carceri e della giustizia, ma non solo, pubblicata su Confronti di giugno 2011.
Quali sono i motivi che la spingono a un nuovo sciopero della fame e della sete?
Innanzitutto vorrei partire da alcune premesse. Nel 1978, per paura della nostra campagna e dei referendum che avevamo proposto, il Parlamento fece passare la legge 194 sull’aborto e noi radicali votammo contro per via dei suoi aspetti statalisti che prevedevano solamente la la sanità pubblica e obiettori di coscienza interni. Poi la chiusura dei ghetti manicomiali, sempre nello stesso anno. Anche in questo caso venne approvata una legge e votammo contro, ma non perché non l’approvassimo. Erano iniziative nostre, ma il Parlamento per evitare che si potessero approvare tramite referendum, preferiva farle approvare per legge modificandone però alcuni impianti per noi dirimenti.
di Salvatore Piromalli
I richiami della Corte europea dei diritti dell’uomo impongono all’Italia di porre rimedio al dramma del sovraffollamento delle carceri, che rende la detenzione inumana e degradante. È importante proseguire nella strada – sperimentata con successo in tutta Europa – della ricerca di forme di pena alternative alla carcerazione.
La piena realizzazione della legge di riforma penitenziaria, che ha ormai quasi quarant’anni di vita (legge n. 354 del 1975), è un obiettivo ancora lontano dal suo compimento. E questo non soltanto per i periodici arretramenti rispetto ai principi sanciti da quella normativa, determinati da esigenze contingenti di natura politico-organizzativa, bensì per una ragione più profonda e resistente: la credenza – ormai dimostratasi del tutto illusoria e ampiamente smentita dai dati e dagli studi scientifici di settore – che il carcere sia la risposta più efficace contro la criminalità. Una superstizione sapientemente fomentata dalla demagogia politica e dai mass media, che contrasta clamorosamente con la realtà dei fatti.
di Valter Vecellio
L’Europa riconosce all’Italia dei «significativi risultati» in materia di carceri, ma non è chiaro a cosa si riferisca, dato che la condizione dei nostri detenuti continua ad essere drammatica. Inoltre, il 17% delle quasi 60mila persone in carcere è ancora in attesa di giudizio: una diminuzione troppo lieve rispetto al dato di due anni fa.
Il comitato dei ministri del Consiglio d’Europa ha riconosciuto «i significativi risultati» ottenuti dall’Italia per quel che riguarda la situazione delle carceri. In cosa consistano questi «significativi risultati» lo si ignora, perché la situazione non è mutata rispetto a un anno fa. Attualmente un detenuto su cinque è in carcere senza aver subìto un processo, una condizione che riguarda ben 10.389 reclusi, il 17% dell’intera popolazione carceraria (59.683, secondo i dati aggiornati al 30 aprile scorso). Un fenomeno ci ricorda l’Associazione italiana dei giovani avvocati (Aiga), che ha elevati costi umani ed anche economici per il paese, visto che ogni giorno per la carcerazione preventiva l’Italia spende circa 1,3 milioni di euro.
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