di Giogio Gomel. Economista, è membro dell’Istituto Affari Internazionali (IAI), del Comitato direttivo di Jcall-Italia e dell’organizzazione Alliance for Middle East Peace…
conflitto
Drammatiche vicende, ai confini tra Israele e la striscia di Gaza, hanno segnato i giorni in cui lo stato ebraico celebrava i settant’anni dalla sua nascita (che i palestinesi chiamano “nakba”, il disastro). Intanto gli Stati Uniti d’America – per mandato del loro presidente, Donald Trump – ufficialmente trasferivano la loro ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme.
E’ giunto alla XIX edizione “Semi di pace”, un consolidato progetto promosso dalla rivista Confronti grazie ai contributi Otto per mille della Chiesa valdese – Unione delle chiese metodiste e valdesi, per dare voce a israeliani e palestinesi impegnati nell’educazione alla pace e al dialogo interculturale e interreligioso. Il progetto si propone di tenere presente la complessità del conflitto israelo-palestinese, nel contesto di un Medio Oriente in crisi.
di Luigi Sandri
L’intifada dei coltelli – ma per i giovani palestinesi è l’intifada di al-Quds – è indifendibile. Tale scelta nasce dalla desolata constatazione della prepotenza del governo Netanyahu, che continua l’espansione degli insediamenti nei Territori occupati, e dalla mancanza di credibilità politica e morale dei dirigenti di al-Fatah e di Hamas. Il servizio sul Medio Oriente disponibile integralmente nella versione cartacea di Confronti – gennaio 2016) comprende anche un’intervista al giornalista palestinese Samir Qariouti e a Victor Magiar, assessore alla cultura dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, tra i fondatori del “Gruppo Martin Buber – Ebrei per la pace”.
Il problema israelo-palestinese rischia di scomparire, in Italia e in generale in Occidente, dalla considerazione del mondo politico e dell’opinione pubblica, l’uno e l’altra tutti presi dall’incastro siriano sempre più aggrovigliato, dalla battaglia contro il cosiddetto Stato islamico (l’Isis e, nell’acronimo arabo, Daesh) e dall’altissima tensione tra Mosca ed Ankara, iniziata a fine novembre con l’abbattimento, da parte turca, di un aereo russo (nei cieli della Turchia, secondo Ankara, in quelli della Siria, secondo il Cremlino).
di Giorgio Gomel, economista e membro del CD dello IAI, è membro di JCALL, un’associazione di ebrei europei impegnata nel sostegno alla soluzione “ a due stati” del conflitto israelo-palestinese (www.jcall.eu)
L’immobilismo del governo di Israele, incapace di un’iniziativa coraggiosa di pace verso i palestinesi e colpevole di compunta indifferenza verso l’offerta di pace e di normali rapporti avanzata dalla Lega araba nel lontano 2002 e reiterata di recente, il fallimento dei negoziati condotti con la mediazione americana fino alla scorsa primavera, la guerra inutilmente distruttrice fra Israele e Hamas, la continua espansione degli insediamenti israeliani in Cisgiordania, il ritorno alla violenza soprattutto a Gerusalemme allorchè il vuoto della politica spinge all’estremismo nelle due parti in lotta, hanno spinto l’Autorità palestinese a ottenere il riconoscimento dello stato di Palestina da parte dell’ONU, con una risoluzione da sottoporre al Consiglio di sicurezza entro dicembre. Tutto ciò è una sconfitta per tutti e un motivo di frustrazione profonda per coloro , come noi, che ritengono che una soluzione del conflitto negoziata tra le parti e basata sul principio di “due stati per due popoli” sia una necessità pragmatica e irrinviabile sia per gli israeliani che per i palestinesi.
di Mazen Faraj e Dubi Schwartz, ceo associati Forum famiglie delle vittime israelo-palestinesi – Ramy ha perso la figlia Smadar di tredici anni nel 1997, Bassam Abir ha perso una figlia di dieci anni nel 2007, Roby ha perso nel 2002 suo figlio David di ventinove anni, e Bushra nel 2008 ha perso suo figlio Mahmoud che aveva diciotto anni. Queste persone, e molte altre (circa 600 famiglie) fanno parte di Parents’ circle, il Forum delle famiglie vittime del conflitto israelo-palestinese che operano per la pace e la riconciliazione. Si tratta di famiglie israeliane e palestinesi che hanno dovuto pagare il prezzo più alto: tutti i soci del forum hanno perso un membro della famiglia a causa del conflitto. Oggi sono coinvolte, insieme, in un processo educativo pubblico che promuove il riconoscimento reciproco del dolore e della sofferenza come base di un processo di riconciliazione tra i due popoli con il fine di spezzare per sempre il ciclo del dolore. «Se ci riusciamo noi», dicono, «possono farlo tutti».