Michele Zanzucchi «L’Islam spiegato a chi ha paura dei musulmani» Città Nuova, 2015 128 pagine, 14 euro di Roberto Catalano Il senso…
cultura
Lorenzo Tibaldo, «La Rosa Bianca. Giovani contro Hitler», Claudiana, Torino 2014, 215 pagine, 14,90 euro Sophie e Hans Scholl, Alexander Schmorell, Willi…
di M. Iannucci «Gender Jihad. Storia, testi e interpretazioni nei femminismi musulmani» di Marisa Iannucci Il Ponte vecchio 200 pagine, 13 euro…
di Simonetta Salacone, dirigente scolastica di scuola primaria.
Parlamentari di vari partiti hanno ripresentato in questa legislatura il testo della proposta di legge di iniziativa popolare (su cui nel 2006 erano state raccolte 100mila firme) per riproporre i temi della cittadinanza, della laicità e della qualità del sistema educativo e di istruzione.
Nel 2006, con le firme di 100mila cittadini, veniva presentata una proposta di legge di iniziativa popolare «per una buona scuola per la Repubblica». Il dibattito sul sistema scolastico italiano, aperto da tempo, era diventato rovente a seguito degli interventi del ministro Moratti, con i quali il governo di centro-destra andava introducendo una visione «di mercato» che puntava a differenziare i percorsi degli alunni (la «personalizzazione») e a introdurre il privato nella scuola statale.
In questa direzione il ministro Gelmini avrebbe, negli anni successivi, apportato tagli ingentissimi ai finanziamenti alla sola scuola statale e avrebbe introdotto elementi di selezione meritocratica, in direzione di una visione antiegualitaria e quindi classista della società, adattando così la scuola alla svolta liberista impressa alle politiche mondiali.
«New» analizza in modo originale l’attuale potenziale giovanile in Italia ancora in corso, purtroppo, di legittimazione. Il punto di osservazione e però capovolto. Non tanto fotografie sui giovani ma visioni di percorsi (racconti) e di potenzialità in cui i giovani mostrano e dimostrano tutta lo loro forza propulsiva. Vuole essere un esempio di come il link esplosivo tra giovani e temi come l’innovazione sociale, l’economia collaborativa, internet come motore collettivo di relazione produttiva, l’invenzione di percorsi di autonomia innovativa possono fare la vera differenza. Possono, in poche parole, essere la più potente contaminazione per parlare di nuovo di sviluppo locale collettivo, comunità corresponsabili, economia sostenibile. “New” è anche un contributo per comprendere che le dimensioni di responsabilità, intesa come capacità collettiva di far sviluppare un contesto, e innovazione sociale, intesa come affermazione di nuovi modelli relazionali di sviluppo economico-sociale e coesione, possono decisamente camminare a fianco. Questo libro ne parla attraverso voci omogenee ma molto diverse fra loro.
In questo libro (che è stato presentato a Roma, al Campidoglio, martedì 20 maggio) Giovanni Franzoni racconta, per la prima volta in modo non episodico, la sua vita, dandoci modo di riflettere sulle circostanze che hanno influito sulle sue scelte. Oltre ottant’anni, cruciali nella storia del nostro paese e della Chiesa cattolica, scorrono sotto i nostri occhi attraverso i ricordi di un protagonista. Dopo l’età giovanile trascorsa a Firenze nel periodo fascista e della guerra, completa i suoi studi a Roma e nel 1950 entra nel Monastero benedettino di S. Paolo. Divenuto abate nel 1964, partecipa alle ultime due sessioni del Concilio Vaticano II, del quale ricorda fatti poco noti e personaggi importanti. Di questi ultimi sono riportate in appendice lettere inedite, accanto alla testimonianza toccante delle zie, che, a Firenze, seguivano “dal basso” le sue travagliate vicende. Infatti, quei “profeti di sventura” che Giovanni XXIII aveva temporaneamente messo a tacere, rialzano presto la testa e vedono nelle scelte sue e di altre chiese locali, una pericolosa deriva radicale. Seguiamo quindi i retroscena del suo strano “processo”, al termine del quale è costretto a rassegnare, nel 1973, le dimissioni e a trasferirsi in modesto locale lungo la Via Ostiense con la Comunità nel frattempo costituitasi attorno a lui e che tuttora opera cercando di testimoniare un modo “altro” di essere Chiesa.
Roma – dal 25 marzo al 1° aprile
L’iniziativa «Cinema Jenin: una storia palestinese tra passato e futuro», promossa da Confronti con il sostegno dell’8 per mille della Chiesa valdese (Unione delle chiese valdesi e metodiste), vedrà la partecipazione di due membri di Cinema Jenin, associazione che ha sede nell’omonima città nonché uno dei pochi cinema presenti nei Territori palestinesi. In quest’occasione Maisa Asir e Sayel Jarrar si confronteranno con il pubblico italiano per presentare il proprio lavoro (film e documentari), condividere le proprie esperienze ed analisi sulla situazione nei Territori palestinesi, rispondendo alle domande che verranno loro sottoposte.
Cinema Jenin, chiuso dopo la prima intifada del 1987, ha riaperto con aiuti internazionali e con immense difficoltà solo nell’agosto del 2010. Da allora l’associazione, animata da numerosi operatori e volontari, si propone di fornire attività culturali aperte a tutta la popolazione dell’area circostante la città.
recensione a cura di Rocco Luigi Mangiavillano – Attraverso questa guida, gli autori non solo disegnano un percorso della memoria, dove si incontrano le mille storie di resistenza e le lotte contro i poteri che li hanno oppressi: da Menenio Agrippa, che ottenne l’istituzione dei Tribuni della plebe, passando per l’inquisizione, alla Repubblica romana contro i poteri papalini, dalla Resistenza per liberare Roma e l’Italia dal nazifascismo, ai movimenti studenteschi e alle lotte per la casa e l’occupazione dei luoghi abbandonati dove fare cultura e restituirli, quindi, rinnovati al quartiere e al territorio a simbolo di una conquista che tutti include e richiama a prendersene cura. L’operazione degli autori produce qualcosa di più: dà vita ad una scrittura collettiva.
di Mila Spicola – «A mathematician who is not also something of a poet, will never be a complete mathematician» (Karl Weierstrass, 1815-1897). Chi si interroga sull’utilità oggi degli studi classici (in particolare su quella del liceo classico) in termini di «sbocchi occupazionali», sottolineando la «necessità di puntare di più sulla ricerca scientifico-tecnica» o di «adeguare o spostare i saperi su contenuti più aggiornati» sa che gli studenti iscritti al liceo classico oggi sono solo il 6% della popolazione studentesca totale? Lo sa che i livelli di rendimento medi degli studenti del liceo classico rappresentano la nostra eccellenza sulla scala mondiale dei rilevamenti Ocse-Pisa? Il restante 94% si iscrive ad altri licei o naviga nel mare magnum delle scuole tecnico-professionali: a queste è demandato in modo più specifico un collegamento diretto con il mondo del lavoro. Quanti si interrogano, in modo più appropriato, sull’efficacia – chiamiamola nuovamente «utilità» – in termini occupazionali dei percorsi tecnico-professionali?