di Daniela Mazzarella
Dietro i volti dei profughi dei corridoi umanitari, tante storie diverse ma un’unica speranza: quella di una vita migliore.
Daniela Mazzarella
di Daniela Mazzarella
Alla Casa della Memoria e della Storia di Roma, lo scorso 1 marzo, è stato proiettato in prima visione nazionale il film “La storia di Irena Sendler” di Andrzej Wolf (Polonia, 2015).
intervista a Luca Maria Negro (presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia)
a cura di Daniela Mazzarella
Da oltre un anno la Federazione delle chiese evangeliche in Italia è impegnata nel progetto pilota dei corridoi umanitari che ha come obiettivo principale quello di evitare ai profughi i viaggi con i “barconi della morte” nel Mediterraneo offrendo un’alternativa sicura e legale.
di Daniela Mazzarella
Roma, 29 febbraio: in una sala del terminal 5 dell’aeroporto di Fiumicino si respira un’aria di felicità. Commozione e gioia hanno accolto 24 famiglie siriane con visto per motivi umanitari; 93 persone, di cui 41 bambini, hanno potuto lasciare il campo profughi libanese di Tel Abbas e raggiungere l’Italia con un regolare volo di linea.
Tutto questo è il frutto di mesi di lavoro e del progetto pilota dei corridoi umanitari promosso dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), dalla Comunità di Sant’Egidio e dalla Tavola valdese, in accordo con i Ministeri degli Esteri e dell’Interno.
Si tratta di un progetto-pilota, il primo di questo genere in Europa, che ha come principali obiettivi quello di evitare i drammatici e rischiosi viaggi con i barconi nel Mediterraneo, quello di impedire lo sfruttamento dei trafficanti di uomini che fanno affari con chi fugge dalle guerre e quello di concedere a persone in “condizioni di vulnerabilità” (ad esempio, oltre a vittime di persecuzioni, torture e violenze, anche famiglie con bambini, anziani, malati, persone con disabilità) un ingresso legale sul territorio italiano
intervista a Selene Zorzi (a cura di Daniela Mazzarella)
La teologa Selene Zorzi, ideatrice del sito Coordinamento teologhe italiane (che ha gestito dal 2003 al 2013), si occupa di teorie di genere e ha scritto vari libri, tra cui Al di là del “genio femminile” (Carocci editore, 2014). L’abbiamo intervistata sulle questioni sollevate dalla proposta di legge Cirinnà, intorno alla quale si è creato un dibattito acceso, con toni da vera e propria Crociata da parte di un fronte cattolico politicamente trasversale ma decisamente compatto nella sua battaglia alla “famiglia diversa”.
Da cattolica come vive le polemiche intorno al ddl Cirinnà?
Il fronte cattolico è molto meno compatto di quanto sembri, come sempre del resto. A volte si dimentica che l’adesione alla Chiesa non ha le caratteristiche di un’adesione ad un partito politico o a delle idee, ma è l’appartenenza ad una comunità che condivide un’esperienza di fede dove i membri hanno opinioni anche differenti. Quello che vedo compatto è un fronte di persone, spesso anche non cattoliche, che hanno su queste questioni idee molto confuse, che non hanno dimestichezza con la terminologia degli studi di genere e che confondono le moltissime questioni in ballo.
Francesco Peloso, «La banca del Papa. Le finanze vaticane fra scandali e riforma», Marsilio, Roma 2015, 220 pagine, 16 euro. di…
intervista di Daniela Mazzarella a Marco Mathieu
Nata neanche un secolo fa in Giappone, la Soka Gakkai conta oggi oltre 12 milioni di membri ed è uno dei maggiori movimenti buddhisti laici del mondo, con una presenza in 192 paesi. In Italia ha 75mila aderenti, è riconosciuta come ente di culto dal 2000 e ha appena firmato l’Intesa con lo Stato, in attesa della ratifica parlamentare. Abbiamo intervistato Marco Mathieu, giornalista, scrittore nonché ex bassista del gruppo punk Negazione. Nato in una famiglia valdese, Mathieu pratica il buddhismo della Soka Gakkai da 22 anni.
Lei nasce da una famiglia valdese. Come e quando è diventato buddhista?
“Sono nato a Torino da una storica famiglia valdese, con grossi punti di riferimento nelle Valli, e ho partecipato alla vita della comunità fino a fare la confermazione, che è il momento in cui si chiede l’inserimento «ufficiale» nella comunità. Un anno dopo, alla soglia dei miei 18 anni, ho scritto una lettera chiedendo di non farne più parte perché non sentivo la fede”…
di Daniela Mazzarella
Nasce a Roma una comunità «progressive» che intende porsi come alternativa ma non in conflitto con la comunità ortodossa storica romana. Secondo i membri di Beth Hillel – questo il nome della nuova comunità – un approccio pluralistico all’ebraismo può aiutare tutte le anime ebraiche ad affermarsi con serenità. Abbiamo intervistato Daniela Gean, uno dei membri fondatori della comunità riformata, e Federico D’Agostino, uno dei protagonisti del gruppo di preghiera che ha preceduto la nascita di Beth Hillel.
di Adriano Gizzi e Daniela Mazzarella – Il 14 gennaio scorso, presso il Jewish Community Center di via Balbo a Roma, si sarebbe dovuto tenere un dibattito in occasione della presentazione del libro di Fabio Nicolucci «Sinistra e Israele. La frontiera morale dell’Occidente». Come si leggeva chiaramente nella locandina che pubblicizzava l’incontro (che anche Confronti ha contribuito a diffondere) erano previsti gli interventi di Lucio Caracciolo (direttore di Limes), Emanuele Fiano (deputato del Pd e segretario di Sinistra per Israele), Lucia Annunziata (direttrice Huffington Post Italia), Tobia Zevi (dell’associazione di cultura ebraica Hans Jonas), Giorgio Gomel (rappresentante di JCall Italia, il gruppo italiano del movimento «European jewish call for reason», nonché collaboratore del nostro mensile) e naturalmente dell’autore del libro.
Abbiamo scritto «si sarebbe dovuto», perché in realtà un vero dibattito non c’è stato. La sala era strapiena e almeno 150 persone erano lì per ascoltare civilmente e democraticamente le opinioni di tutti i relatori, ma un gruppo organizzato (una trentina di persone) ha deciso che non potessero prendere la parola né Gomel né Zevi, che tra l’altro erano proprio gli organizzatori della presentazione.