Sociologa esperta di welfare e disuguaglianze sociali, con una lunga esperienza di insegnamento all’estero, Francesca Coin ha analizzato in Le Grandi Dimissioni (Einaudi, 2023) le ragioni che hanno spinto, negli ultimi tre anni, milioni di persone in tutto il mondo ad abbandonare il proprio posto di lavoro, nonostante non avessero da subito un’alternativa.
disoccupazione
In Italia secondo l’Istat c’è un tasso di disoccupazione dell’8% per gli adulti e di 23% a livello giovanile, a fronte di una domanda inevasa di circa 300.000 posti di lavoro.
di Fabrizio Barca. Statistico ed economista. Coordinatore del Forum Disuguaglianze e Diversità. Entro nel 2021 dall’altezza di 16 giorni straordinari, di lavoro,…
di Stefano Allievi. Sociologo, Professore di Sociologia all’Università degli studi di Padova. I luddisti combattevano contro le l’innovazione tecnologica, convinti che un…
di Antonio Sciotto (giornalista della redazione Economia e lavoro de “il manifesto”)
Non tutti lavorano meglio al tempo del Jobs act: se da un lato nel primo anno di applicazione della nuova legge si sono registrati nuovi contratti a tempo indeterminato e stabilizzazioni, come sottolinea il governo, dall’altro però si sono moltiplicate le occasioni di precarietà e impoverite le tutele. Un esempio per tutti: il boom dei voucher, una vera e propria esplosione, visto che dai 36 milioni del 2013 si è passati a 115 milioni nel 2015. Questo perché i buoni per il lavoro a chiamata – una sorta di ticket che retribuisce le singole prestazioni – sono stati liberalizzati e quindi trovano ormai le più svariate applicazioni, soprattutto nel terziario.
Le stesse assunzioni a tempo indeterminato – peraltro senza più l’articolo 18 come deterrente contro il licenziamento ingiustificato – sono state incentivate con sgravi molto generosi: 8000 euro per ogni neo-assunto nel 2015, che però scendono a poco più di 3mila per le imprese che attivano un contratto quest’anno. Molti analisti parlano di un “mercato drogato”: finiti gli incentivi (durano tre anni) si teme che potrebbe seguire una valanga di licenziamenti.
di Maurizio Landini – Sono tre milioni i disoccupati «ufficiali», cioè coloro che al momento non svolgono alcun lavoro ma sono in cerca di occupazione. A questa cifra, già di per sé preoccupante, vanno sommati altri tre milioni di cittadini, anch’essi senza lavoro, che – magari dopo anni di ricerche – hanno addirittura rinunciato alla speranza.
Come spiega a Confronti il segretario generale della Fiom-Cgil, «questo non è solo il risultato della grande crisi economica degli ultimi anni, ma soprattutto il prodotto delle ragioni che l’hanno determinata e l’esito di come è stata gestita».
di Paolo Ferrero – La disoccupazione è il principale problema dell’Italia. Milioni di disoccupati, di precari e sottoccupati, di persone che hanno smesso di cercare lavoro. Poco meno di dieci milioni di persone non riescono ad avere un lavoro, non dico soddisfacente, ma semplicemente che gli permetta di vivere decentemente. Il governo dice che per uscire da questa situazione occorre abbassare le tasse sul lavoro, in modo da rendere più competitive le imprese e quindi aumentare l’occupazione. La cosa che non dice il governo è che la bilancia dei pagamenti è in attivo e cioè che l’Italia esporta più merci di quante ne importi. Questo significa che l’industria italiana riesce a stare decentemente sul mercato mondiale e che il problema non viene principalmente da lì.
Nelle elezioni regionali del 28 e 29 marzo la sinistra è andata male perché – come spiega a Confronti il sociologo Ferrarotti…