di Valerio Pignatta
Nel mese di luglio si è tenuto a Reggello nella splendida cornice della valdese Casa Cares un convegno dal titolo “Ecoteologia per il XXI secolo. Destino di distruzione o possibilità di cambiamento?”.
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“Più libri Più liberi”: si parlerà anche di valori e di spiritualità
intervista a Valdo Spini, a cura di Gian Mario Gillio (tratto da Riforma.it)
A Roma si sta organizzando la prima «Rassegna delle riviste italiane di cultura», mentre il Salone del libro di Torino si trasferisce a Milano. Ne abbiamo parlato con Valdo Spini, presidente del Coordinamento delle riviste italiane di cultura (Cric).
di Enrico Campofreda (giornalista, esperto di questioni mediorientali)
Cent’anni di Atatürk – La Turchia erdoğaniana finita sotto i riflettori dei media mondiali per il tentato golpe di metà luglio – ma lo era da mesi per lo stillicidio di attentati, il conflitto interno con la comunità kurda, la crisi siriana ai confini…
di Sara Hejazi (giornalista e antropologa)
In Non sparate sul turista – ormai un classico dell’antropologia del turismo – Duccio Canestrini ricorda che viaggiare è sempre stato ed è tuttora il modo più comune per conoscere e interessarsi ad altre culture.
Ma, precisa, oggi chi viaggia diventa sempre più spesso «viaggiatore immacolato»: cioè un nuovo tipo umano che finisce per barricarsi dentro un «viaggio senza macchia». Si tratta di un genere di esperienza che deve, fin da subito e il più possibile, corrispondere sia all’idea che uno già ha del luogo in cui deve recarsi, sia a quello che c’è scritto sulla guida Lonely Planet. Un’idea nitida e pulita, senza macchie.
Come se l’altro, l’esotico, dovesse attenersi ad un copione già scritto su di lui, ma non per lui.
E più il viaggiatore si barrica nel suo libricino e nella sua lista di cose che si aspetta di vedere e di fare, più si sente minacciato. Da possibili attentati, da disastri aerei, certo, ma anche dalla diversità tout court, quella cioè inaspettata, non descritta in precedenza, non trovata su internet.
di Teresa Isenburg (docente di Geografia economico-politica all’Università di Milano)
Un paese di grande dimensioni e una fra le potenze mondiali è scosso da una crisi istituzionale molto grave. Il Brasile, con oltre 200 milioni di abitanti, spazi con ecosistemi scarsamente antropizzati, riserve minerarie soprattutto di petrolio, un livello tecnologico-scientifico medio, ha un peso mondiale non indifferente e quindi ciò che là accade riguarda l’insieme del pianeta e anche noi.
La storia recente, dopo la dittatura militare (1964-1984), della Federazione si può schematizzare in poche scansioni. Lotte sociali e politiche portarono il ritorno di istituzioni democratiche e la rifondazione dello Stato su basi rispettose dei diritti politici, sociali ed umani espressi nella Costituzione del 1988. Ma i rapporti di forza concreti imposero compromessi e la ristretta élite del paese (pari all’1% della popolazione) mantenne un grande potere e alcuni rami dello Stato (in particolare magistratura e forze dell’ordine) conservarono l’impostazione autoritaria e repressiva della dittatura.
di Monica Di Sisto (vicepresidente dell’associazione Fairwatch, tra i portavoce della Campagna Stop Ttip Italia – www.stopttip-italia.net)
Proseguono in segreto i negoziati del Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti per la creazione della più grande area di libero scambio al mondo (44% del commercio mondiale). Le conseguenze per l’Occidente e per i Paesi in via di sviluppo.
6,5 miliardi: sono tutti gli abitanti del pianeta che, non essendo cittadini degli Stati Uniti né dell’Europa, in teoria potrebbero volersi disinteressare del negoziato transatlantico di liberalizzazione di commercio e servizi in corso, quasi in segreto, dal 2013: il Ttip. In realtà, se le trattative arrivassero in fondo, creerebbero la più grande area di libero scambio interregionale al mondo, pari al 47% del Pil mondiale e al 44% del commercio mondiale, cosa che avrebbe implicazioni molto profonde non soltanto per le due sponde dell’Atlantico. Il 75% circa della facilitazione degli scambi tra i due blocchi, infatti, arriverà dalla rimozione delle attuali “barriere” che rendono gli scambi più complessi di quanto non vorrebbero le grandi imprese che operano attualmente su questa scala.
di Corallina Lopez Curzi (Coalizione italiana Libertà e diritti civili – Cild)
Come in Europa la crisi dei rifugiati sta mettendo alla prova l’idea di Unione, così in Italia le seconde generazioni rivoluzionano il concetto di identità nazionale. La difficile questione del riconoscimento della cittadinanza.
L’Italia, storicamente terra di emigrazione, è diventata sempre più, a partire già dalla fine degli anni ’80, un paese di accoglienza. O forse sarebbe più corretto dire un paese di ricezione, dato che l’accoglienza non sempre s’è fatta. In ogni caso, decenni di immigrazione verso il nostro paese hanno ovviamente avuto effetti profondi sulla composizione della società italiana: stando agli ultimi dati Istat, gli stranieri in Italia sono oggi più di 5 milioni e rappresentano quasi il 9% della popolazione totale: un numero in continua crescita. Di questi milioni di stranieri residenti in Italia, un quinto (stando ai dati riportati nel Dossier 2015 sui minori stranieri del Programma Integra) sono minorenni – moltissimi dei quali nati nel nostro paese, o comunque giunti qui in tenerissima età.
dal nostro inviato a Creta Luigi Sandri
Grandemente atteso, si è svolto infine a Creta il “Santo e Grande Concilio” che, su quattordici Chiese ortodosse, ne ha viste presenti dieci (assenti la Chiesa russa e altre tre). Approvati sei documenti, un’enciclica e un messaggio che evidenziano luci e difficoltà dell’Ortodossia oggi. L’irrisolto rapporto con la modernità.
Dopo quasi mille anni vuoti di un simile evento, e dopo oltre cinque decenni di preparazione prossima, finalmente dieci delle quattordici Chiese autocefale – mancavano infatti quattro patriarcati, e tra essi quello di Mosca, al quale appartiene il 60% dei duecento milioni di ortodossi sparsi nel mondo – hanno celebrato a Creta (19-26 giugno) il “Santo e grande Concilio della Chiesa ortodossa”, che si è concluso con l’approvazione dei sei documenti già da tempo nella sostanza predisposti, e con la pubblicazione di una enciclica, e di un più corto messaggio, che riassumono il lavoro compiuto e prospettano il futuro in un secolo, il XXI, che secondo Bartolomeo I (patriarca di Costantinopoli e “primus inter pares” tra i gerarchi delle Chiese sorelle) potrebbe e dovrebbe essere il “secolo dell’Ortodossia”.
di Sara Manisera (giornalista freelance; collabora anche con Al Jazeera, Qcode, SiriaLibano.)
[da Beirut, Libano] Schizofrenia. È questa la parola più giusta per descrivere il Libano. Un paese del Mediterraneo stretto in una crudele morsa tra Israele, l’acerrimo nemico, e il regno dello Sham, dominato da Damasco. Da una parte il calcio in pancia a intervalli costanti da parte di Israele (nel 1978, 1982, 1993, 1996, 2006, 2008, 2012), dall’altra la lunga mano siriana che, fino al 2005, ha inserito le dita nelle piaghe del paese dei cedri.
Cedri appunto, un tempo abbondanti, ma anche uliveti e vigneti, montagne e valli. Da Faraja, cittadina a un’ora – traffico permettendo – da Beirut, si scia guardando il “mare di mezzo”. Nella valle della Bekaa, conosciuta per l’hashish libanese, templi di epoca romana dominano, con tutta la loro maestosità, il panorama montagnoso e brullo di Baalbek. A Tripoli, Saida e Sur la cultura araba, fenicia, bizantina, greca e romana si fonde con armonia: i pescatori su piccole imbarcazioni escono in mare con lentezza, i mercanti trattano nel suk a gran vociare il prezzo delle spezie, i carretti di legno pieni di frutta occupano i budelli e i mastri vetrai riproducono fedelmente a mano il vetro in forni antichissimi.
intervista ad Aldo Cazzullo (a cura di Gian Mario Gillio)
«Raggi e Appendino, due volti giovani, poco conosciuti e freschi, sono apparsi come uno specchio in cui ogni singolo elettore ha potuto riconoscere se stesso». Cazzullo è editorialista e inviato del Corriere delle Sera.
Cazzullo, torinese e da 14 anni residente a Roma, che idea si è fatto dei risultati delle ultime amministrative di due città, Roma e Torino, che le appartengono?
«Al di là dei risultati, ciò che ho trovato un po’ stridente è stata l’esaltazione mediatica dei due personaggi femminili: Raggi e Appendino. Sono state definite da molti come «il nuovo che avanza», e fin qui può andare. Ho trovato invece fuori luogo il paragone fatto con le due prime cittadine di Madrid e Barcellona: Manuela Carmena e Ada Colau. Due donne, queste ultime, con un pregresso importante: Carmena come magistrato e Colau come attivista per i diritti umani. Virginia Raggi e Chiara Appendino fino a prima dell’elezione erano due consigliere comunali che hanno fatto bene il loro lavoro di opposizione e che hanno saputo incarnare la volontà di cambiamento che due grandi città come Roma e Torino stavano cercando».