di Marisa Patulli Trythall (Georgetown SUA – Sponsored University Associate – History of American-Vatican Diplomacy)
Pubblichiamo la relazione che l’autrice ha letto a un convegno l’8 marzo scorso a Villa Pietra, a Firenze. Di seguito, la versione originale in inglese.
Gender
di Letizia Tomassone (teologa valdese)
La Chiesa cattolica lancia il grido d’allarme sulla questione dell’identità sessuale, lasciando intendere che si voglia introdurre nell’educazione dei giovanissimi una sorta di «disordine sessuale» che metterebbe a soqquadro l’ordine creato da Dio. Ma una riflessione sulla costruzione sociale dell’identità sessuale è oggi quanto mai necessaria.
Partiamo da una premessa chiara: non esiste una «ideologia del gender» né un attacco concertato sul piano scolastico per introdurre una nuova idea di identità sessuale. Invece fa parte dello sviluppo della comprensione umana e della consapevolezza di sé, una comprensione più sfumata e articolata dell’esistenza, che parte anche dall’esperienza sofferta di persone che patiscono un corpo in contrasto con sé.
Ci risiamo con il «gender». Le religioni vivono se comprendono il futuro
di Giancarla Codrignani
Per piacere, qualcuno dovrebbe informare papa Francesco e la Segreteria della Cei che perfino alla Banca mondiale esiste un Gender Action Plan, in cui la «Gender equality» viene definita «smart economics». Per non parlare dei PhD in «Women’s and Gender Studies» o dell’Erasmus Mundus che si occupa degli stessi Women’s and Gender Studies in cooperazione con sette università europee – tra le altre l’Università di Bologna – e altre nord e sud-americane.
Perfino l’Associazione italiana di Psicologia chiede che si promuova una cultura che favorisce la relazione e la nonviolenza. Dico questo perché, mentre dire «spuzza» crea un neologismo di buona efficacia mediatica, la manifestazione di ostilità nei confronti del gender mostra un mancato aggiornamento su una materia che la Chiesa cattolica può contestare solo se ne conosce la filosofia e le scuole. Perché il gender riguarda in primo luogo il genere femminile; potrebbe valere anche per il maschile se l’uomo si accorgesse di essere un «genere». Il termine ordinariamente tutti lo hanno incontrato alle elementari, dove la morfologia della lingua ha un gran bisogno di imparare il gender perché si impara che «maestro» fa regolarmente «maestra», mentre «ministro» rivolto a una donna con la desinenza in -o non è ancora errore blu.
. Ada Assirelli, Marisa Iannucci, Marina Mannucci, Maria Paola Patuelli (a cura di) «Femminismi musulmani. Un incontro con il Gender Jihad» Fernandel,…