di Gaetano De Monte. Giornalista. Coronavirus: lavoratori atipici, del commercio, della cultura e dello spettacolo, del turismo; operai precari, migranti e partite…
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di Fulvio Ferrario. Professore di Teologia sistematica e Decano della Facoltà valdese di teologia di Roma. I recenti avvenimenti politici, con le…
di Paolo Naso. Docente di Scienza politica all’Università Sapienza di Roma, Coordinatore di Mediterranean Hope della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia…
Sei estati dopo il sequestro della più grande fabbrica italiana perché secondo i magistrati di Taranto: “produceva malattie e morte”, cosa è cambiato all’Ilva. Sette operai morti sul lavoro, centinaia di persone che ogni anno continuano ad ammalarsi nei quartieri vicini alla fabbrica. Un processo per disastro ambientale tuttora in corso, dodici decreti di legge, decine e decine di tavoli ministeriali. L’ultimo vertice, forse decisivo, tra i sindacati metalmeccanici, il ministero dello sviluppo economico e la multinazionale Arcelor Mittal, che si era aggiudicata a giugno scorso la gara per rilevare la fabbrica, bandita dal ministro precedente Carlo Calenda, si è concluso qualche giorno fa.
Capri espiatori e galline dalle uova d’oro: perché la destra è vincente sull’immigrazione
Nella campagna elettorale del 4 marzo 2018 l’immigrazione si è confermata un tema strategico per l’identità politica dei competitor e per gli esiti stessi della competizione. Presentata dai mass media prevalentemente come una minaccia (e non eventualmente come un rischio, cioè un processo portatore sia di costi sia di benefici), l’immigrazione è passata da “capro espiatorio” di tensioni e disagi di carattere sia specifico sia generale a “gallina dalle uova d’oro” sul piano del consenso elettorale. Anziché biasimare il cinismo degli attori politici e mediatici che colpevolizzano gli immigrati, l’articolo si propone di analizzare il perché in questo ambito essi registrino un costante successo, individuandolo nel divario tra i due livelli, macro/micro, nell’esperienza e nelle conoscenze della maggioranza dei cittadini.
di Biagio de Giovanni (filosofo, già parlamentare europeo e professore emerito di Filosofia politica all’Università Orientale di Napoli)
Dopo il referendum e la formazione del nuovo governo, l’Italia mostra ancora un quadro politico di grande incertezza.
di Adriano Gizzi
Come si suol dire, se la canta e se la suona: prima fa di tutto per personalizzare il referendum costituzionale, in cerca di un plebiscito che lo rafforzi, poi – avendo capito che è proprio la personalizzazione a mobilitare i suoi avversari – si pente e fa appello a «guardare ai contenuti della riforma». Infine, bocciato dagli elettori, si dimette accusandoli implicitamente di aver messo a rischio la stabilità del paese facendo cadere il governo.
di Antonio Sciotto (giornalista della redazione Economia e lavoro de “il manifesto”)
Non tutti lavorano meglio al tempo del Jobs act: se da un lato nel primo anno di applicazione della nuova legge si sono registrati nuovi contratti a tempo indeterminato e stabilizzazioni, come sottolinea il governo, dall’altro però si sono moltiplicate le occasioni di precarietà e impoverite le tutele. Un esempio per tutti: il boom dei voucher, una vera e propria esplosione, visto che dai 36 milioni del 2013 si è passati a 115 milioni nel 2015. Questo perché i buoni per il lavoro a chiamata – una sorta di ticket che retribuisce le singole prestazioni – sono stati liberalizzati e quindi trovano ormai le più svariate applicazioni, soprattutto nel terziario.
Le stesse assunzioni a tempo indeterminato – peraltro senza più l’articolo 18 come deterrente contro il licenziamento ingiustificato – sono state incentivate con sgravi molto generosi: 8000 euro per ogni neo-assunto nel 2015, che però scendono a poco più di 3mila per le imprese che attivano un contratto quest’anno. Molti analisti parlano di un “mercato drogato”: finiti gli incentivi (durano tre anni) si teme che potrebbe seguire una valanga di licenziamenti.
di Pippo Civati
La vicenda che riguarda il Portogallo è un fatto politico senza precedenti per l’Europa. Un governo di coalizione di sinistra – che avrebbe i numeri sufficienti per governare – trova un presidente della Repubblica indisponibile alla sua formazione, nonostante appunto abbia i numeri in Parlamento (qualcuno ha parlato di «Napolitaño», ma come è noto l’argomento dei numeri, che peraltro allora contestai, quando Bersani chiese di poter andare alle Camere rappresentava un argomento reale: in Portogallo nemmeno quello).
Non sono bastate nemmeno le rassicurazioni di una parte della coalizione di sinistra (favorevole all’uscita dall’euro e dalla Nato) che avrebbe rinunciato ad alcune parti del suo programma proprio per poter formare un governo. Ci si è voltati dall’altra parte, per mantenere un rapporto sereno con l’Europa e soprattutto con i mercati. Larghe intese a prescindere, dal voto dei cittadini e dalla proporzione dei numeri. Uno si domanda a che cosa serva indire libere elezioni, se il risultato libero non è.
Appello a Renzi: accogliere i migranti e scongiurare il fallimento della Grecia
La 23ma Assemblea generale del Cilap Eapn Italia (Collegamento italiano lotta povertà – European Anti Poverty Network) si appella al presidente del Consiglio Renzi, all’Alto Rappresentante della Politica estera europea Mogherini e a tutti i capi di Governo europei, affinché vengano attuate al più presto tutte le misure necessarie per fermare le stragi nel Mediterraneo, costruendo una politica estera comune riguardante l’accoglienza. Si chiede con urgenza un cambio radicale dell’attuale politica economica europea, gestita dallo strapotere dei mercati finanziari, per scongiurare il fallimento della Grecia.
Roma, 22 giugno 2015 – L’Europa è a rischio di chiusura. Gli egoismi degli Stati nazionali, il respingimento dei migranti alle frontiere, le politiche economiche restrittive di austerità, lo smantellamento del welfare, la perdita del lavoro e l’aumento della povertà sono le facce più drammatiche di questa crisi che rischia di smantellare quanto abbiamo costruito in tutti questi anni per avere un’Europa unita.
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