di Donato Di Sanzo (mediatore culturale e dottore di ricerca in Storia contemporanea presso l’Università di Salerno)
Il dibattito sulla Brexit e la tenuta della sovranità britannica.
Gran Bretagna
di Felice Mill Colorni
Non si tratta soltanto del Regno Unito, che forse è sul punto di non esserlo più. E non si tratta soltanto dell’Unione europea, che forse è destinata a non esserlo mai.
Cari britannici, la vostra “parrocchia” non sia il vostro mondo
di Tim Macquiban
Dichiarazione a titolo personale del direttore dell’Ufficio metodista per l’ecumenismo di Roma e pastore della Chiesa metodista di Ponte Sant’Angelo.
Come può uno che è stato un fervente ed appassionato europeista sin da quando il Regno Unito ha aderito alla Comunità economica europea, nel 1975, accettare il voto “Leave” che l’elettorato britannico ha espresso il 23 giugno? Nonostante gli sforzi dei leader di quasi tutti i partiti e di molti capi di chiesa, leader della finanza e dell’industria e del mondo dello sport, delle arti e dello spettacolo, per convincerli a votare “Remain”, gli elettori con una risicata maggioranza del 4% (52 a 48%) hanno votato per lasciare l’Unione europea.
Le conseguenze di questo devono ancora essere pienamente percepite. È una vittoria per la libertà e per le forze anti-establishment, che incoraggia a mostrare i muscoli analoghi movimenti nazionalisti, populisti, anti-governativi e contro l’immigrazione in Francia, nei Paesi Bassi e altrove?
di Simone Maghenzani (docente di Storia moderna, Università di Cambridge)
Il referendum del 23 giugno vedrà il Regno Unito decidere della propria adesione all’Unione europea: non un fatto nuovo nella storia britannica. Già nel 1975 il paese venne chiamato alle urne per approvare la partecipazione al mercato comune europeo, con un referendum indetto dal primo ministro laburista, Harold Wilson. Oggi come allora il dibattito non coinvolge i temi dell’identità europea delle isole britanniche, o il ruolo di Londra sullo scacchiere internazionale. Se nel 1975 la decolonizzazione era fatto ancora recente, e si poteva pensare al Regno Unito come punto originale di intersezione tra la tradizionale “relazione speciale” anglo-americana, il Commonwealth, e l’Europa, oggi l’eredità dell’impero è lontana, e partner commerciali nuovi sono al centro della scena. Tuttavia, le due consultazioni sono assai simili. Se nel 1975 il referendum aveva l’obiettivo di tenere insieme il partito laburista, con una sinistra interna preoccupata che le decisioni di politica industriale sarebbero state prese a Bruxelles e non più a Westminster (tra gli oppositori di allora all’adesione al mercato comune, l’attuale leader del Labour, Jeremy Corbyn), oggi il referendum non ha altra ambizione che quella di David Cameron di mantenere l’unità del partito conservatore.