di Marco Mazzoli, professore di Politica Economica, Università di Genova
Il flagello del monetarismo (in inglese, «The Scourge of Monetarism») era il titolo di un pamphlet economico-politico con cui Lord Nicholas Kaldor, nel lontano 1982 disegnava con incredibile lucidità gli effetti sociali e le contraddizioni logiche del pensiero neoliberista, allora appena affermatosi con le vittorie elettorali di Margareth Thatcher in Gran Bretagna nel 1979 e Ronald Reagan negli Stati Uniti, nel 1980. Ed è proprio l’ideologia (perché di ideologia si tratta) neoliberista, del rigore fine a se stesso, a fare da sfondo alla crisi greca, che si evolve drammaticamente di ora in ora. Gli eventi si rincorrono con nuovi colpi di scena, ancora nel momento in cui sto scrivendo (pomeriggio del 13 luglio).
La mattina del 12 luglio, a seguito delle dure prese di posizione del ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble, le proposte di Tsipras per uscire dalla crisi, anche se molto vicine a quelle del Fondo monetario internazionale (Fmi), sono state ritenute non credibili da molti ministri «rigoristi» della Commissione Europea. La notte tra il 12 e il 13 luglio è stata estenuante e carica di tensione e si è giunti letteralmente ad un passo dall’uscita della Grecia dall’euro, che avrebbe comportato una crisi, forse irrimediabile, della moneta unica, oltre che una spaventosa crisi bancaria e di liquidità per il sistema finanziario greco, con esiti imprevedibili e costi sociali spaventosi.
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