In Kenya il terrorismo di matrice islamista continua a mietere vittime, senza che si riesca a elaborare una politica efficace di contenimento. Una guerra impropriamente definita “a bassa intensità” che dura ormai da ventuno anni.
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di Francesco Zannini (docente di Islam contemporaneo e Giurisprudenza islamica presso il Pisai – Pontificio istituto per gli studi arabo-islamici di Roma)
In un paese musulmano il cui inno nazionale è un canto di un poeta indù (Robindronath Tagore) e in cui si sono sviluppate civiltà e tradizioni religiose diverse che convivono nell’animo di ogni bangladeshi, è esplosa recentemente una efferata violenza xenofoba con una motivazione pseudo-religiosa. Ci si chiede allora: perché? Perché giovani educati nelle migliori università del paese di ricche famiglie, provenienti da ambienti di formazione laica, hanno così brutalmente massacrato persone da loro dichiarate infedeli?