di Francesca Bellino. Giornalista e scrittrice Per il suo 85esimo compleanno mi sarebbe piaciuto festeggiare Fairuz raccontando la sua storia su un…
Libano
In un contesto, come è quello del Libano oggi, fatto di tensioni
manifeste e latenti, si intrecciano le vite dei profughi siriani che – dopo essere sfuggiti agli orrori della guerra – vivono in un limbo dal quale è difficilissimo emanciparsi. Alcuni di loro, grazie ai Corridoi umanitari, avranno la possibilità di iniziare un nuovo percorso di vita.
di Michele Zanzucchi (direttore di Città Nuova e cittanuova.it docente di comunicazione all’Università Gregoriana e a Sophia) Il 6 maggio scorso si…
di Mostafa El Ayoubi (caporedattore di Confronti)
Il premier libanese usato dai sauditi come strumento di destabilizzazione del libano nella speranza di indebolire Hezbollah.
di Patrizia Larese
Il Parlamento di Beirut ha abolito, a metà agosto, l’art. 522 del codice penale che prevedeva l’assoluzione degli stupratori disposti a sposare le vittime delle violenze da loro commesse.
di Daniela Mazzarella
Dietro i volti dei profughi dei corridoi umanitari, tante storie diverse ma un’unica speranza: quella di una vita migliore.
intervista a Luca Maria Negro (presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia)
a cura di Daniela Mazzarella
Da oltre un anno la Federazione delle chiese evangeliche in Italia è impegnata nel progetto pilota dei corridoi umanitari che ha come obiettivo principale quello di evitare ai profughi i viaggi con i “barconi della morte” nel Mediterraneo offrendo un’alternativa sicura e legale.
intervista di Mostafa El Ayoubi ad Ibrahm Farhat (direttore generale della televisione libanese Al Manar)
Le complesse vicende politiche del Libano, un paese da sempre oggetto di ingerenze esterne. Il caso di un canale televisivo “scomodo”: la libanese Al Manar, come spiega il suo direttore in questa intervista, ha subito tentativi di oscuramento da parte di vari paesi.
Il Libano vive da diversi anni una crisi politica e sociale preoccupante. Ad oggi le varie fazioni politiche non riescono a mettersi d’accordo per l’elezione del presidente della Repubblica, il parlamento è paralizzato, l’economia è al tracollo e il terrorismo comincia a prendere piede anche in questo paese. In un’intervista esclusiva a noi di Confronti, il direttore generale della tv libanese “Al Manar”, Ibrahm Farhat, delinea le principali cause di questa impasse.
di Sara Manisera (giornalista freelance; collabora anche con Al Jazeera, Qcode, SiriaLibano.)
[da Beirut, Libano] Schizofrenia. È questa la parola più giusta per descrivere il Libano. Un paese del Mediterraneo stretto in una crudele morsa tra Israele, l’acerrimo nemico, e il regno dello Sham, dominato da Damasco. Da una parte il calcio in pancia a intervalli costanti da parte di Israele (nel 1978, 1982, 1993, 1996, 2006, 2008, 2012), dall’altra la lunga mano siriana che, fino al 2005, ha inserito le dita nelle piaghe del paese dei cedri.
Cedri appunto, un tempo abbondanti, ma anche uliveti e vigneti, montagne e valli. Da Faraja, cittadina a un’ora – traffico permettendo – da Beirut, si scia guardando il “mare di mezzo”. Nella valle della Bekaa, conosciuta per l’hashish libanese, templi di epoca romana dominano, con tutta la loro maestosità, il panorama montagnoso e brullo di Baalbek. A Tripoli, Saida e Sur la cultura araba, fenicia, bizantina, greca e romana si fonde con armonia: i pescatori su piccole imbarcazioni escono in mare con lentezza, i mercanti trattano nel suk a gran vociare il prezzo delle spezie, i carretti di legno pieni di frutta occupano i budelli e i mastri vetrai riproducono fedelmente a mano il vetro in forni antichissimi.