dal nostro inviato al Cairo – Luigi Sandri
L’auspicio della pace nella regione, la denuncia del terrorismo, la proclamazione del diritto “intangibile” alla libertà religiosa, il rilancio del dialogo interreligioso con i musulmani e quello ecumenico con la Chiesa copta, l’attenzione ai migranti: questi i temi maggiori del pellegrinaggio al Cairo, il 28 e 29 aprile, di Bergoglio.
Luigi Sandri
di Luigi Sandri (redazione di Confronti)
Gli incontri di Trump in Medio Oriente e in Europa, compreso il vertice del G7 di Taormina, hanno evidenziato le aspre divergenze con gli altri “grandi” occidentali. ma, intanto, rimangono inevasi i maggiori problemi del pianeta.
dal nostro inviato a Creta Luigi Sandri
Grandemente atteso, si è svolto infine a Creta il “Santo e Grande Concilio” che, su quattordici Chiese ortodosse, ne ha viste presenti dieci (assenti la Chiesa russa e altre tre). Approvati sei documenti, un’enciclica e un messaggio che evidenziano luci e difficoltà dell’Ortodossia oggi. L’irrisolto rapporto con la modernità.
Dopo quasi mille anni vuoti di un simile evento, e dopo oltre cinque decenni di preparazione prossima, finalmente dieci delle quattordici Chiese autocefale – mancavano infatti quattro patriarcati, e tra essi quello di Mosca, al quale appartiene il 60% dei duecento milioni di ortodossi sparsi nel mondo – hanno celebrato a Creta (19-26 giugno) il “Santo e grande Concilio della Chiesa ortodossa”, che si è concluso con l’approvazione dei sei documenti già da tempo nella sostanza predisposti, e con la pubblicazione di una enciclica, e di un più corto messaggio, che riassumono il lavoro compiuto e prospettano il futuro in un secolo, il XXI, che secondo Bartolomeo I (patriarca di Costantinopoli e “primus inter pares” tra i gerarchi delle Chiese sorelle) potrebbe e dovrebbe essere il “secolo dell’Ortodossia”.
di Luigi Sandri
Sta facendo molto discutere l’annuncio di papa Francesco della costituzione di una commissione che studi la questione del diaconato femminile. Due pareri a confronto. Querido Francisco, la proposta che hai fatto, il 12 maggio, incontrando ottocento suore della Unione delle superiori generali, provenienti da tutto il mondo, e cioè di istituire una commissione per studiare la questione del diaconato femminile permanente, ha provocato quasi ovunque grande eco. Partiamo, intanto, dalla composizione della commissione: chi ne farà parte? Donne e uomini, immagino; ma scelte e scelti come? Tra chi si è già pubblicamente espresso/a a favore delle tesi più liberal sui ministeri femminili, o tra chi si è espresso/a contro? Ipotizziamo poi che il gruppo, dopo un certo tempo – un anno? due? tre? – infine si limitasse a consegnarti due contrapposti punti di vista (uno liberal e uno a favore di soli cambiamenti di facciata). Stallo completo! Al contrario, se poi arrivasse a proporti ipotesi che scuotono alla radice l’impianto patriarcale e maschilista della Chiesa romana, puoi star certo che i cardinali Leon, Carli, McTimothy, Camilli, Angeli, Von Joachim, e centinaia di vescovi, si ergerebbero per contestare quel responso, negandogli ogni autorità/autorevolezza.
di Luigi Sandri
La storia insegna che, quando tra un papa regnante e i fedeli s’intreccia un certo “feeling”, le parole d’ordine e gli esempi che vengono da Roma sono particolarmente sentiti e seguiti. Perciò, che Francesco abbia indetto un Giubileo straordinario della misericordia, è una scelta davvero feconda, in prospettiva capace di avviare una rivoluzione, pacifica ma trascinante, all’interno della Chiesa cattolica e, per contagio, almeno in parte, al di fuori di essa. Continuando per un anno a suonare l’inno della e alla misericordia, la campana di San Pietro rende dunque un servizio prezioso.
Ma che significa “misericordia”? Quella del Padre verso di noi che – sottolinea il papa – ci ama per primo e ci perdona sempre; e la disponibilità di ogni persona a perdonare chi le ha fatto un torto. È dunque l’invito a una conversione personale. Però la misericordia dovrebbe riguardare anche la Chiesa romana in quanto comunità semper reformanda, insiste Francesco.
di Luigi Sandri
L’intifada dei coltelli – ma per i giovani palestinesi è l’intifada di al-Quds – è indifendibile. Tale scelta nasce dalla desolata constatazione della prepotenza del governo Netanyahu, che continua l’espansione degli insediamenti nei Territori occupati, e dalla mancanza di credibilità politica e morale dei dirigenti di al-Fatah e di Hamas. Il servizio sul Medio Oriente disponibile integralmente nella versione cartacea di Confronti – gennaio 2016) comprende anche un’intervista al giornalista palestinese Samir Qariouti e a Victor Magiar, assessore alla cultura dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, tra i fondatori del “Gruppo Martin Buber – Ebrei per la pace”.
Il problema israelo-palestinese rischia di scomparire, in Italia e in generale in Occidente, dalla considerazione del mondo politico e dell’opinione pubblica, l’uno e l’altra tutti presi dall’incastro siriano sempre più aggrovigliato, dalla battaglia contro il cosiddetto Stato islamico (l’Isis e, nell’acronimo arabo, Daesh) e dall’altissima tensione tra Mosca ed Ankara, iniziata a fine novembre con l’abbattimento, da parte turca, di un aereo russo (nei cieli della Turchia, secondo Ankara, in quelli della Siria, secondo il Cremlino).
di Paolo Naso
Le Chiese pentecostali rappresentano oggi un quarto della cristianità e nel 2025 – grazie alla loro natura proselitistica – supereranno il 32%, mettendo in crisi l’egemonia cattolica in America Latina e le Chiese storiche protestanti nel Nordamerica. Senza una struttura accentrata, i pentecostali riescono ad adattarsi meglio alle nuove realtà.
Questo articolo introduce un servizio sui pentecostali (lo troverete integralmente sul numero cartaceo di gennaio 2016) che comprende anche un’intervista di Carmelo Russo a Carmine Napolitano (preside della Facoltà pentecostale di Scienze religiose di Aversa), una scheda curata da Luigi Sandri sul libro “Francesco e i pentecostali. L’ecumenismo del poliedro” (di Raffaele Nogaro e Sergio Tanzarella) e un articolo di PierLuigi Zoccatelli, vice-direttore del Centro Studi sulle nuove religioni (Cesnur).
di Luigi Sandri
L’Assemblea che in ottobre (4-25) ha riflettuto sulla famiglia ha raggiunto alcune conclusioni aperte al futuro ma, su molti temi che hanno visto i «padri» divisi, ha confermato visioni pastorali arcaiche, respinte da molti cattolici. Il chiaroscuro del Sinodo accelera perciò la necessità di un nuovo e rappresentativo Concilio.
Sarà il tempo a dire se le conclusioni del Sinodo dei vescovi dedicato alla famiglia avranno portato pace e chiarezza all’interno della Chiesa cattolica romana, o se l’audacia su alcuni temi, la reticenza e le contraddizioni su altri, e l’armistizio su altri ancora – come la non esplicita ammissione alla comunione delle persone divorziate e risposate civilmente – riaprirà contrasti dottrinalmente irrisolti e dibattiti laceranti su problemi pastorali assai sentiti dalle persone direttamente interessate e dagli stessi parroci chiamati a «discernere caso per caso». E perciò papa Francesco, da una parte rinfrancato per alcuni «consigli» incoraggianti giuntigli da un’Assemblea consultiva che sembra aver compreso il suo leit-motiv sulla misericordia, ma anche reso pensoso per altri pesanti «no» o «ni», nella sua esortazione apostolica post-sinodale dovrà trovare una sintesi, aperta al futuro, tra le strade nuove imboccate e i problemi semplicemente rinviati e le parole attese ma non dette.
di Claudio Paravati e Luigi Sandri
Accolto con tutti gli onori all’Avana, dove ha salutato anche l’ex lider maximo Fidel Castro, Francesco ha implicitamente indicato ai cattolici – la metà dei cubani – la strada per aiutare il passaggio dallo status quo ad un paese rinnovato che dispieghi le sue potenzialità e garantisca libertà di esprimersi a tutte le sue anime.
Se dal punto di vista mediatico l’icona del pellegrinaggio di papa Francesco a Cuba è stata il suo incontro con Fidel Castro, a livello profondo la domanda sottesa che attraversava in filigrana discorsi e gesti del pontefice e quelli dei suoi interlocutori – presidente Raúl Castro, vescovi, religiosi/e, giovani – era sul «come» accompagnare nel modo migliore la transizione del regime cubano dallo status quo alla «cosa», per ora indecifrabile, che si imporrà a seguito del miglioramento delle relazioni con gli Stati Uniti d’America, e che prima o poi inevitabilmente comporterà la fine del bloqueo (l’embargo che dura dal 1961, quando John Kennedy lo impose all’isola castrista, e che Raúl ha definito «crudele, illegale e immorale»); e che si imporrà all’uscita dei fratelli Castro dalla scena politica. Questo sembra a noi il filo rosso che ha collegato i vari eventi della visita papale (19-22 settembre) a Cuba
di Luigi Sandri (inviato di Confronti a Sarajevo)
Francesco il 6 giugno ha visitato Sarajevo, invitando le tre etnie (bosgnacchi, serbi e croati) e i seguaci delle tre fedi principali (musulmani, ortodossi e cattolici) a superare il trauma della guerra civile di vent’anni fa e a vivere in pace. Incombono però ferite ancora aperte, problemi irrisolti e sfide difficili.
«Mir nama», in serbo-croato «Pace a noi». Con questo titolone in prima pagina, domenica 7 giugno, il quotidiano di Sarajevo Oslobodenje («Liberazione») riassumeva il senso della visita, il giorno precedente, del papa alla capitale bosniaca. Titolo che traduce bene le parole e i gesti con i quali Francesco ha costellato il suo pellegrinaggio, all’insegna del motto «Mir vama» («Pace a voi»). Da qui il gioco di parole del giornale, come per dire: il pontefice ha fatto la sua parte, adesso sta a noi accogliere davvero il suo pressante invito alla riconciliazione.