di Mario Campli
Caro direttore, non vorrei abusare della tua paziente «accoglienza». Ma il momento è quanto mai grave e anche drammatico. Non solo per il sangue e le morti di decine e decine di ragazzi, ragazze, uomini e donne a Parigi e nel cuore di altre città; anche per i nostri destini.
Ho partecipato con attenzione e grande interesse al seminario-progetto- Minareti e Campanili (Roma, 13-14 novembre 2015): «Da musulmani immigrati a cittadini italiani: la sfida dell’integrazione e del dialogo». Nella notte del venerdì, la tragedia di Parigi ha raggiunto anche la nostra «piccola» ricerca e testimonianza. Ho ascoltato e intensamente condiviso la tensione della ricerca e della costruzione incessante del dialogo tra le fedi (cristiana e musulmana, in questo caso) e le religioni. Ho toccato con mano lo sforzo del com-prendersi.
Mario Campli
di Mario Campli
L’ho incontrato nella piazza dell’Auditorium, a Roma. Era in corso «Libri come 2015», di cui era uno degli ospiti d’onore. Se lo contendevano come una star. Un fotografo di professione faceva il suo lavoro: Emmanuel Carrère, pazientemente seguiva le sue indicazioni, spostandosi sul piazzale. Mentre riconsegnava a mia moglie e a me la copia (Le Royaume – Il Regno) sulla quale gentilmente aveva scritto una dedica, gli ho chiesto: «Possiamo e dobbiamo considerarlo autobiografico»? «Assolutamente sì», mi ha risposto, guardandomi dritto negli occhi. (Pour Bice et Mario avec toute ma sympathie).
Avevo già completato la lettura della prima parte: Prologo. Parigi, 2011 e Una crisi. Parigi 1990-1993. Seguiranno: Paolo. Grecia, 50-58; L’inchiesta. Giudea, 58-60; Luca. Roma, 60-90; Epilogo. Roma, 90-Parigi, 2014. Nel Prologo. Parigi 2011, penso di aver individuato il filo di Arianna: «Quando mi occupo di un argomento, mi piace aggredirlo su più fronti». I fronti, in effetti, sono molteplici. Il percorso sempre autobiografico, anche nelle ultime righe, quando – non più cristiano, «sono stato cristiano» – si interroga: «Il libro che termino ora l’ho scritto in buona fede […]. E nel momento di lasciarlo mi chiedo se questo libro tradisca il giovane che sono stato, e il Signore in cui quel giovane ha creduto o se invece vi sia rimasto, a suo modo, fedele». E risponde: «Non lo so».