di David Meghnagi. Psicologo e psicanalista, ideatore e direttore del Master internazionale di secondo livello in Didattica della Shoah presso l’Università Roma…
Memoria
di Marco Di Porto. Giornalista e scrittore. Intervista a cura di Michele Lipori. Redazione Confronti Memorie familiari e fantasia si intrecciano in…
di Lia Tagliacozzo. Giornalista e scrittrice Intervista a cura di Michele Lipori. Redazione Confronti La Shoah non riguarda solo chi l’ha vissuta:…
di Sara Gomel. Dottoressa in filosofia, si occupa di filosofia per bambini e didattica museale Intervista di Michele Lipori. Redazione Confronti Nel…
di Giuliana Di Biase. Docente di Filosofia morale all’Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara L’opera di André Neher (1914-1988) è tale da sorprenderci per…
In Argentina l’emergenza Coronavirus ha investito e travolto anche la tradizionale, ma non per questo scontata, marcia per la memoria, la verità e la giustizia, per i e le 30.000 desaparecidos. Anche senza la marcia, la memoria e la ricerca di giustizia non si fermano.
Tira brutta aria in questo nostro Paese dalla memoria corta. I segnali c’erano ma, come spesso ci capita, anche in questo caso ci siamo lasciati sorprendere dal fatto che si sta facendo largo a grandi passi l’aspirazione al pensiero unico, con aumentata intolleranza verso i refrattari all’omologazione.
Recenti fatti di cronaca fanno emergere il pregiudizio antiebraico, mai sopito, di certe frange politiche e “culturali”. Pensare a questi casi come isolati sarebbe un grande errore. Al contrario, analfabetismo religioso e disinformazione diffusa sono due elementi da prendere in considerazione se si vogliono trovare delle strategie educative efficaci a scuola e altrove.
Dalle leggi razziali a oggi l’incubo di una famiglia in fuga per il mondo.
Nel film di Luigi Faccini “Diaspora. Ogni fine è un inizio” la produttrice Marina Piperno racconta ottant’anni di storia dei suoi parenti ebrei.
Mercoledi 18 ottobre ore 18.00
al Memoriale della Shoah (binario 21) – Milano
intervista a Pupa Garribba, a cura di Claudio Paravati
In occasione del Giorno della Memoria, abbiamo intervistato Pupa Garribba, giornalista e storica collaboratrice di Confronti, testimone e intervistatrice della Shoah Foundation di Los Angeles.
Cosa vuole dire per te ricordare?
Per me ricordare ha un significato se c’è qualcuno disposto ad ascoltare. La mia esperienza è molto traumatica: finita la guerra, tornata dall’esilio svizzero – ero profuga – ho trovato, al mio rientro, un muro impenetrabile davanti a me. Nessuno voleva sapere. Questa impressione, di un’Italia che non voleva ascoltare e che non voleva fare i conti col proprio passato, è stata una ferita che non si è chiusa per molti anni.
Quando è cambiato qualcosa?
Quando nel 1990, in pieno periodo dei naziskin, una scuola – ancora non c’era il Giorno della Memoria – mi ha contatto per andare a raccontare la mia testimonianza presso il proprio istituto…
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