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A verona non è stato un caso

by Giancarla Codrignani 2 Novembre 2018

di Giancarla Codrignani 2 Novembre 2018

di Giancarla Codrignani Incontrando il Movimento per la vita, nel giugno scorso, il papa ebbe a paragonare l’aborto con «quello che facevano…

Confronti

4 ore fa

🎬 Valeria Brucoli consiglia: Il respiro della foresta di Huaquing Jin

Una densa foresta di tuniche rosse si staglia sul vasto altopiano del Tibet. Sono le 20.000 monache buddiste che ogni anno, durante i cento giorni più freddi, si ritirano nel Monastero Yarchen Gar per vivere fianco a fianco, isolate dal mondo esterno, il loro cammino spirituale.

Hanno età e provenienze diverse ma le accomuna il desiderio di meditare sulla vita e sulla morte, sulla sofferenza e sulla guarigione, sul karma e le conseguenze che porta con sè. Un esercizio spirituale operato in sinergia con un ambiente ostile, immerso in un silenzio assordante, interrotto solo dalla parola del sutra.

Il regista Huaquing Jin ha visitato il monastero per tre anni prima di portare il suo documentario sul grande schermo, sforzandosi di entrare nelle vite delle monache con la maggiore delicatezza possibile, nascondendo la telecamera per lasciare che si muovessero liberamente mentre catturava la loro quotidianità.

«Volevo solo mostrare il loro percorso esistenziale con immagini minimaliste, per svelare al meglio questo posto e questa realtà che sembrano provenire da un altro mondo». Queste le parole del regista, che ha impostato la narrazione sul minimalismo non solo delle immagini, ma anche del sonoro, scegliendo di non inserire alcun suono che non provenisse da quel luogo, se non i rumori della natura, il vento e la pioggia che si abbatte sull’altopiano, e la musica, che insieme alle voci delle monache accompagna i momenti di preghiera e riflessione collettiva.

Il documentario arriva al cinema con Wanted Cinema ... See MoreSee Less

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2 giorni fa

🎵 Nadia Addezio consiglia London Ko di Fatoumata Diawara

È possibile creare un asse tra Londra e Bamako? Ci prova (riuscendoci!) Fatoumata Diawara con London Ko, un percorso musicale di 14 tracce rilasciato il 12 maggio che ben rappresenta lo spirito eclettico e girovago dell’artista maliana che fa dell’interculturalità il suo cavallo di battaglia.

Il lavoro in parte co-prodotto dall’ex frontman dei Blur e dei Gorillaz, Damon Albarn, spazia dall’influenza wassoulou a quella elettronica, dall’hiphop frutto della collaborazione con il rapper ghanese M.anifest al jazz del pianista cubano Roberto Fonseca.

Tra le altre collaborazioni di pregio, quella con la cantante nigeriana pop Yemi Alade (Tolon) e con la cantante stantunitense Angie Stone che dona al disco delle note di neo-soul unite a un sentimento di nostalgia degli affetti (Somaw).

Di impatto, la collaborazione con il cantautore e polistrumentista francese -M-, che ha generato Massa Den, un singolo sulla libertà dell’amore che trascina la mente in una dimensione onirica e danzante. Altri temi affrontati sono l’emancipazione delle donne, i bambini soldato, la circoncisione femminile, le discriminazioni delle persone albine.

Tutte questioni aperte in diversi Paesi dell’Africa subsahariana e che introduce in Nsera. Mai cupa, l’artista vincitrice di due Grammy ci accoglie nel suo mondo di bellezza e colore, di slanci futuristi e attaccamenti alle origini, di fusioni culturali e linguistiche trainate dal bambara, regalandoci una visione di armonia e speranza nell’umanità tutta. ... See MoreSee Less

2 giorni fa

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