di Claudio Paravati
La strage di Parigi del 13 novembre ha fatto aumentare la diffidenza verso tutti i musulmani presenti in Europa, come se fossero tutti sostenitori dello Stato islamico. Pur non avendo alcuna responsabilità per le violenze, la comunità musulmana italiana ha voluto opportunamente dare un segnale che risultasse chiaro a tutta l’opinione pubblica allarmata dalla propaganda populista anti-islamica, scendendo in piazza il 21 novembre al grido di «Not in my name».
Beirut (12 novembre, 43 morti), Parigi (13 novembre, 129 morti, 300 feriti), Bamako, in Mali (20 novembre, 170 ostaggi, 22 morti): questo è il pesante bollettino di novembre del terrorismo del cosiddetto Stato islamico (l’Isis, il cui acronimo, in arabo, è Daesh) e dei movimenti a esso affiliati. Un’azione terribile di guerra «a pezzetti» perpetrata, con drammatica folle lucidità, da coloro che seguono una propria ideologia del terrore.
Il terrore. A dieci mesi da Charlie Hebdo, ancora una volta la Parigi di Rousseau e Voltaire è stata colpita. Questa volta però con una violenza ancor più impressionante: sei attacchi coordinati nel giro di 33 minuti, sparando sulla folla…
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