Un cardinale birmano accusa la Cina di aver diffuso l’epidemia, imbarazzando Francesco impegnato a migliorare i rapporti con Pechino; e, sul fronte ecclesiale, cresce il disagio per avere egli ignorato la proposta del Sinodo sui preti sposati, e l’Amazzonia nella commissione sulle diacone. Liturgie in tv senza popolo?
ortodossi
Bari 7/7/2018: il papa e capi ortodossi a confronto per il dialogo ecumenico e la pace in Medio Oriente
Invitati dal papa, i patriarchi ortodossi e altri capi di Chiese orientali sono convenuti a Bari, il 7 luglio, per riflettere sulla drammatica situazione dei cristiani in Medio Oriente, che là rischiano di scomparire. La valenza ecclesiale di un incontro – un tempo impensabile – del vescovo di Roma con l’Ortodossia.
Il papa ha convocato per il 7 luglio, nel capoluogo pugliese, un vertice di leader cristiani per esprimere solidarietà ai cristiani del Medio Oriente perseguitati. Sono attesi tutti i patriarchi ortodossi ma, per ora, sembra che tra essi non vi sarà quello di Mosca, Kirill. Putin, tuttavia, potrebbe fargli cambiare idea.
di Michele Zanzucchi (direttore di Città Nuova e cittanuova.it docente di comunicazione all’Università Gregoriana e a Sophia) Il 6 maggio scorso si…
di Raffaella Di Marzio
Il caso della Congregazione dei Testimoni di Geova in Russia si inserisce in un contesto gravemente illegale e discriminatorio che caratterizza le politiche di quel paese che mirano a limitare le libertà civili e, in particolare, la libertà religiosa.
dal nostro inviato a Creta Luigi Sandri
Grandemente atteso, si è svolto infine a Creta il “Santo e Grande Concilio” che, su quattordici Chiese ortodosse, ne ha viste presenti dieci (assenti la Chiesa russa e altre tre). Approvati sei documenti, un’enciclica e un messaggio che evidenziano luci e difficoltà dell’Ortodossia oggi. L’irrisolto rapporto con la modernità.
Dopo quasi mille anni vuoti di un simile evento, e dopo oltre cinque decenni di preparazione prossima, finalmente dieci delle quattordici Chiese autocefale – mancavano infatti quattro patriarcati, e tra essi quello di Mosca, al quale appartiene il 60% dei duecento milioni di ortodossi sparsi nel mondo – hanno celebrato a Creta (19-26 giugno) il “Santo e grande Concilio della Chiesa ortodossa”, che si è concluso con l’approvazione dei sei documenti già da tempo nella sostanza predisposti, e con la pubblicazione di una enciclica, e di un più corto messaggio, che riassumono il lavoro compiuto e prospettano il futuro in un secolo, il XXI, che secondo Bartolomeo I (patriarca di Costantinopoli e “primus inter pares” tra i gerarchi delle Chiese sorelle) potrebbe e dovrebbe essere il “secolo dell’Ortodossia”.
di David Gabrielli
Dato l’aggravarsi dei rapporti Mosca-Ankara, il metropolita Hilarion ha disdetto un viaggio a Istanbul. Un segnale preoccupante in vista del Concilio panortodosso.
L’asperrimo contrasto russo-turco (per la vicenda dell’aereo russo abbattuto dai turchi), oltre le preminenti conseguenze geopolitiche, ne avrà anche altre, di carattere religioso, che potrebbero mettere in forse il Concilio panortodosso la cui apertura era programmata per il 16 maggio prossimo? La domanda s’impone, e a sollevarla è una vicenda all’apparenza minore. Il 25 novembre il metropolita Hilarion di Volokolamsk, presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del patriarcato di Mosca, ha infatti cancellato una sua visita a Istanbul, organizzata per presentare un libro del patriarca Kirill insieme con il patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I, e con l’ambasciatore della Russia in Turchia.
di Luigi Sandri
Il viaggio di papa Francesco ad Ankara (incontro con Erdogan e con responsabili musulmani) e ad Istanbul, per rafforzare il dialogo con la Chiesa di Costantinopoli, è stato caratterizzato da gesti molto significativi. Ma il cammino con l’Ortodossia è arduo, date le permanenti tensioni tra il patriarca Bartolomeo I e Kirill di Mosca.
Il tempo aiuterà a meglio valutare le parole, i gesti, i segni, gli eventi dell’intenso viaggio di papa Francesco in Turchia (28-30 novembre) e, poi, gli echi di quanto avvenuto e le conseguenze che via via emergeranno. Qui, intanto, cerchiamo di fissare, in un polittico, i diversi quadri – geopolitico, ecumenico, interreligioso, intracattolico – che, pur distinti l’uno dall’altro, per certi aspetti sono inevitabilmente intrecciati nel puzzle turco.
di Luigi Sandri – (questo commento esce anche su Adista n. 10/2014). Insieme ai loro decisivi risvolti geopolitici – che qui diamo per conosciuti – le drammatiche giornate di Kiev, bagnate dal sangue a piazza Majdan, e il contrasto russo-ucraino per la Crimea, hanno innescato anche una questione religiosa che è forse utile focalizzare, in se stessa e per le sue inestricabili connessioni con la situazione storica e sociale, ieri e oggi, dell’Ucraina.
Storicamente, il Paese da mille anni è sempre stato ortodosso. Nel 988 missionari bizantini battezzarono il principe Vladimir di Kiev, guida della Rus’ (l’Ucraina meridionale), e di conseguenza il popolo dovette farsi cristiano. Nel 1054 Roma e Costantinopoli si scomunicarono reciprocamente; una frattura, però, quasi ignorata nella Rus’. Quando i Tartari, alla metà del secolo XIII, devastarono Kiev, il metropolita della città riparò in Russia, infine fissando la sua sede a Mosca, pur mantenendo il suo titolo ecclesiastico originario. Con la nascita del patriarcato di Mosca (1589) la Chiesa ortodossa russa si riorganizzò e a poco a poco arriverà a controllare ecclesialmente parte dell’Ucraina.
Ma nel 1595-96 gran parte dei vescovi ucraini riconobbero il papato: nacquero così i greco-cattolici, definiti “uniati” dagli ortodossi che li detestano. I primi ritennero di esplicitare un’unione mai in realtà spezzata con Roma; i secondi accusarono i re polacco-lituani ed i pontefici di aver organizzato il “tradimento” per distruggere dall’interno l’Ortodossia.