Presentata stamattina alla Camera dei Deputati la diciannovesima edizione di “Semi di Pace”, progetto nato per dare voce a israeliani e palestinesi impegnati nell’educazione alla pace e al dialogo interreligioso.
Palestina
E’ giunto alla XIX edizione “Semi di pace”, un consolidato progetto promosso dalla rivista Confronti grazie ai contributi Otto per mille della Chiesa valdese – Unione delle chiese metodiste e valdesi, per dare voce a israeliani e palestinesi impegnati nell’educazione alla pace e al dialogo interculturale e interreligioso. Il progetto si propone di tenere presente la complessità del conflitto israelo-palestinese, nel contesto di un Medio Oriente in crisi.
Questo il titolo, sintetico, di un seminario di studio e riflessione organizzato da Jcall Italia, in collaborazione con le riviste Il Ponte (che ha dedicato alla “questione israeliana” un suo recente numero monografico) e Mondoperaio, svoltosi il 16 maggio presso l’Aula dei gruppi parlamentari.
intervista a Maysa Baransi e Mossi Raz
(a cura di Marco Magnano, redattore di Radio Beckwith evangelica – RBE)
Nei conflitti il ruolo dell’informazione è cruciale. Sia la popolazione israeliana sia quella palestinese ricevono notizie “di parte”, che danno un quadro parziale della situazione. Radio “All For Peace” tenta di colmare questa lacuna, offrendo ai suoi ascoltatori un’informazione il più possibile completa, sia in lingua ebraica che in arabo, dando voce sia a israeliani sia a palestinesi. Due sono anche le sedi, una a Gerusalemme e l’altra a Ramallah, e due i conduttori principali che animano le trasmissioni di questa emittente: un israeliano, Mozzi Raz, e una palestinese, Maysa Baransi. Li abbiamo intervistati per farci raccontare come si svolge il loro difficile lavoro.
di Luigi Sandri
L’intifada dei coltelli – ma per i giovani palestinesi è l’intifada di al-Quds – è indifendibile. Tale scelta nasce dalla desolata constatazione della prepotenza del governo Netanyahu, che continua l’espansione degli insediamenti nei Territori occupati, e dalla mancanza di credibilità politica e morale dei dirigenti di al-Fatah e di Hamas. Il servizio sul Medio Oriente disponibile integralmente nella versione cartacea di Confronti – gennaio 2016) comprende anche un’intervista al giornalista palestinese Samir Qariouti e a Victor Magiar, assessore alla cultura dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, tra i fondatori del “Gruppo Martin Buber – Ebrei per la pace”.
Il problema israelo-palestinese rischia di scomparire, in Italia e in generale in Occidente, dalla considerazione del mondo politico e dell’opinione pubblica, l’uno e l’altra tutti presi dall’incastro siriano sempre più aggrovigliato, dalla battaglia contro il cosiddetto Stato islamico (l’Isis e, nell’acronimo arabo, Daesh) e dall’altissima tensione tra Mosca ed Ankara, iniziata a fine novembre con l’abbattimento, da parte turca, di un aereo russo (nei cieli della Turchia, secondo Ankara, in quelli della Siria, secondo il Cremlino).
È giunto alla XVII edizione “Semi di pace”, lo storico progetto promosso da Confronti grazie ai contributi 8 per mille della Chiesa valdese – Unione delle chiese metodiste e valdesi, per dare voce a israeliani e palestinesi impegnati nell’educazione alla pace e al dialogo interreligioso. Dal 22 febbraio al 1° marzo una delegazione composta da sei operatori, che lavorano quotidianamente per il dialogo nelle diverse realtà in Israele e nei Territori palestinesi, sarà in Italia per condividere con il pubblico le proprie esperienze nell’impegno a favore della pace nonché le molteplici analisi sul conflitto. L’edizione del 2015 vedrà il coinvolgimento di sei persone: Yuval Rahamim e Mohammed Alnajjar di Parents Circle-Families Forum; Yehuda Stolov e Rahhal Rahhal, membri dell’Interfaith Encounter Association; e, infine, due operatori sociali e attivisti per i diritti umani: l’israeliana Amalia Wiesel, membro dell’associazione Road to Recovery, e il palestinese Marwan Alfararja, dell’organizzazione Holy Land Trust.
La conferenza stampa di presentazione del progetto si è tenuta martedì 24 febbraio nella Sala stampa della Camera dei Deputati. Sarà possibile, inoltre, conoscere la delegazione in occasione dell’incontro pubblico che avrà luogo mercoledì 25 febbraio, ore 18, presso la Chiesa metodista di via Firenze 38, Roma.
di Giorgio Gomel, economista e membro del CD dello IAI, è membro di JCALL, un’associazione di ebrei europei impegnata nel sostegno alla soluzione “ a due stati” del conflitto israelo-palestinese (www.jcall.eu)
L’immobilismo del governo di Israele, incapace di un’iniziativa coraggiosa di pace verso i palestinesi e colpevole di compunta indifferenza verso l’offerta di pace e di normali rapporti avanzata dalla Lega araba nel lontano 2002 e reiterata di recente, il fallimento dei negoziati condotti con la mediazione americana fino alla scorsa primavera, la guerra inutilmente distruttrice fra Israele e Hamas, la continua espansione degli insediamenti israeliani in Cisgiordania, il ritorno alla violenza soprattutto a Gerusalemme allorchè il vuoto della politica spinge all’estremismo nelle due parti in lotta, hanno spinto l’Autorità palestinese a ottenere il riconoscimento dello stato di Palestina da parte dell’ONU, con una risoluzione da sottoporre al Consiglio di sicurezza entro dicembre. Tutto ciò è una sconfitta per tutti e un motivo di frustrazione profonda per coloro , come noi, che ritengono che una soluzione del conflitto negoziata tra le parti e basata sul principio di “due stati per due popoli” sia una necessità pragmatica e irrinviabile sia per gli israeliani che per i palestinesi.
Gesti insopportabili, come l’attentato – definito «atto eroico» da Hamas – di due palestinesi in una sinagoga di Gerusalemme, e decisioni programmatiche del governo Netanyahu, come il continuo espansionismo degli insediamenti nella Cisgiordania occupata, stroncano ogni possibile processo di pace. E, intanto, in Siria, in Iraq e in Libano la situazione si aggroviglia, e rischia di infiammare l’intero Medio Oriente.
Non si può che esprimere riprovazione e condanna assolute per il gesto di due giovani palestinesi che il 18 novembre, gridando Allah o akbar («Dio è il più grande»), sono entrati nella sinagoga Kehilat Bnei Torah, situata nella parte più occidentale di Gerusalemme, ed hanno ucciso quattro rabbini intenti alla preghiera, e poi un poliziotto, prima di essere a loro volta freddati. Con il loro gesto fanatico di profanare un luogo di culto, dando un carattere religioso alla loro azione, i due palestinesi ventenni di Gerusalemme-Est potrebbero innescare, da parte israeliana, reazioni a catena tali da incenerire ogni ipotetico processo di pace.
di Michele Lipori
La situazione del conflitto israelo-palestinese è riesplosa brutalmente. A giugno sono stati rapiti tre ragazzi israeliani e ritrovati barbaramente trucidati. All’inizio di luglio un ragazzo palestinese è stato trovato morto carbonizzato a Gerusalemme. Due atti criminali condannati senza se e senza ma da tutti coloro – tra cui la nostra rivista – i quali si battono per il dialogo e la pace tra israeliani e palestinesi. Lo scontro violento in atto tra le forze di sicurezza israeliane e i palestinesi scesi in piazza, in seguito a questa escalation, allontana ancor di più la speranza di una pace giusta e duratura. Questa situazione rende sempre più difficile l’impegno di chi si pone come facilitatore del dialogo tra i due popoli.
A giugno alcuni volontari della nostra rivista hanno preso parte al viaggio di approfondimento organizzato da Holy Land Trust nell’ambito del progetto «Beyond the wall», nel corso del quale hanno potuto incontrare organizzazioni – israeliane e palestinesi – impegnate nel dialogo e nella riconciliazione.
Ai Capi di Stato e di Governo dei paesi europei,
I negoziati fra Israele e l’Autorità nazionale palestinese, avviati nove mesi orsono sotto l’egida degli Stati Uniti, si sono interrotti alla fine di aprile senza risultati. Ognuna delle parti in causa accusa l’altra di essere responsabile del loro fallimento. Non essendo filtrate informazioni ufficiali circa il contenuto della trattativa, conformemente agli impegni assunti all’inizio, ci è difficile trarne un bilancio. Peraltro riteniamo che il ritorno allo status quo antecedente sia foriero di pericoli. Per questo Vi chiediamo di unirvi all’Amministrazione americana per proporre un accordo-quadro al fine di preservare la soluzione di «due stati per due popoli», la sola che permetterà ai Palestinesi di conseguire una piena esistenza nazionale in uno stato sovrano e a Israele di restare uno stato democratico con una maggioranza ebraica. Questo accordo-quadro avrebbe il merito di spingere le due parti a reagire e a rivelare i loro punti di disaccordo e di convergenza possibile. Permetterebbe loro di riprendere le trattative e di cercare di giungere a un accordo sulla base dei principi seguenti