di Paolo Corsini
(deputato del Partito democratico ed ex sindaco di Brescia)
Da qualche tempo, soprattutto dopo la Leopolda, si discute di un nuovo «partito della nazione» (Pdn). Nuovo perché, almeno in sede storiografica, già era stata elaborata da Agostino Giovagnoli la categoria di «partito italiano» quale cifra interpretativa della Democrazia cristiana, il partito «pigliatutto», allorquando il sistema politico era strutturato in termini di bipartitismo imperfetto o, meglio, di pluripartitismo centripeto. Un’analogia casuale, il sintomo di una nostalgia, la prospettiva di una palingenetica riclassificazione del quadro politico? Oltre il bipolarismo muscolare che abbiamo conosciuto e aldilà del bipartitismo che la più recente versione dell’Italicum, con un sostanzioso premio di maggioranza assegnato al partito in grado di superare la soglia del 40%, intenderebbe prefigurare. L’interrogativo non pare infondato, né tutto consegnato ad una visione politicistica, ma rimanda al profilo del Pd, alla sua vocazione maggioritaria, alle concrete policy da attuare in un tempo di recessione e di possibile deflazione, alla rappresentanza di ceti sociali ed interessi, alla stessa identità etico-politica del partito.
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«Il Partito deve essere strumento della società». Intervista a Fabrizio Barca
by redazione
di redazione
Intervista di Giuliano Ligabue a Fabrizio Barca – Dopo la pubblicazione del suo documento «Il partito nuovo per un buon governo» e il successivo giro per l’Italia, l’ex ministro per la Coesione territoriale, Fabrizio Barca, è partito per un nuovo «viaggio politico», con lo scopo di «spronare, affiancare, facilitare il dialogo» e «sperimentare nei fatti una nuova idea di partito».