Nell’induismo colpa, pena e perdono soggiacciono a un principio di giustizia (sanatana dharma) da cui si trae ispirazione o da cui si devia. In questa ottica è importante il processo di consapevolezza per ciò che si è fatto, atto a non ripetere più l’errore. Anche la pena ha e deve sempre mantenere il fine di educare o di rieducare ai princìpi del dharma.
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Nel Corano molti sono i passaggi in cui è confermata la necessità di rispondere all’ingiustizia con una condanna e una pena. Tuttavia, nessuno può elevarsi senza la grazia di Dio, che ha anche il potere di trasformare il male in bene. Pur tenendo conto della reale presenza del male, il perdono è il motore della trasformazione individuale e collettiva.
All’interno della concezione del perdono ebraica è possibile individuare tre elementi distintivi: l’obbligo di perdonare è sottoposto al pentimento da parte di chi ha compiuto l’offesa; non tutte le colpe possono essere perdonate; non è possibile perdonare a nome di qualcun altro. D’altro lato chi è stato offeso non deve essere eccessivamente duro.