Il Rapporto Bes 2022: il benessere equo e sostenibile in Italia fa un raffronto con il periodo precedente alla pandemia da Covid-19, focalizzandosi sull’evoluzione e sulle disuguaglianze del benessere, prestando attenzione agli
squilibri territoriali (soprattutto Nord-Sud), nonché alle differenze di genere e di età.
Pil
Quale dovrebbe essere il ruolo dell’economia e della scuola in un mondo in cui la riduzione dell’impatto ambientale dell’essere umano è un’urgenza inderogabile? Si può creare sviluppo economico senza incentivare una cultura votata al consumismo? Può la scuola essere un luogo aperto a tutte le differenze? Lo abbiamo chiesto a Lorenzo Fioramonti, ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.
di Marco Mazzoli (professore di Politica economica, Università di Genova)
Il Transatlantic Trade and Investment Partnership è costituito da una serie di negoziazioni di trattati commerciali, condotti prevalentemente in segreto tra l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America, con la motivazione ufficiale di «ridurre le barriere commerciali» tra Unione europea e Stati Uniti. Già il fatto che i contenuti della negoziazione, i suoi contorni e i suoi obiettivi siano segreti è di per sé inaccettabile per una democrazia rappresentativa (teoricamente dovrebbe esserlo anche l’Unione europea e, teoricamente, dovrebbero essere democratiche le sue istituzioni) e richiama, nel metodo, i trattati segreti tra le monarchie assolute, dove i governanti guidano sudditi e non cittadini.
Soprattutto, questa assenza di trasparenza non è certamente saggia in una fase in cui le istituzioni europee non godono esattamente di grande popolarità. Una forte impostazione ideologica già caratterizza l’architettura istituzionale dell’Unione europea, che prevede una moneta unica, non solo senza una politica fiscale “federale” europea, ma, per di più, senza il minimo coordinamento né la minima armonizzazione tra le politiche fiscali nazionali.
di Monica Di Sisto (vicepresidente dell’associazione Fairwatch, tra i portavoce della Campagna Stop Ttip Italia – www.stopttip-italia.net)
Proseguono in segreto i negoziati del Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti per la creazione della più grande area di libero scambio al mondo (44% del commercio mondiale). Le conseguenze per l’Occidente e per i Paesi in via di sviluppo.
6,5 miliardi: sono tutti gli abitanti del pianeta che, non essendo cittadini degli Stati Uniti né dell’Europa, in teoria potrebbero volersi disinteressare del negoziato transatlantico di liberalizzazione di commercio e servizi in corso, quasi in segreto, dal 2013: il Ttip. In realtà, se le trattative arrivassero in fondo, creerebbero la più grande area di libero scambio interregionale al mondo, pari al 47% del Pil mondiale e al 44% del commercio mondiale, cosa che avrebbe implicazioni molto profonde non soltanto per le due sponde dell’Atlantico. Il 75% circa della facilitazione degli scambi tra i due blocchi, infatti, arriverà dalla rimozione delle attuali “barriere” che rendono gli scambi più complessi di quanto non vorrebbero le grandi imprese che operano attualmente su questa scala.
di Marco Mazzoli (professore di Politica economica all’Università di Genova)
Il 2016 si è aperto in un clima di inquietudine, tra emergenze umanitarie, conflitti sempre più drammatici (non più solo nel martoriato Medio Oriente) e preoccupazioni di carattere economico, legate al crollo della borsa cinese: un fatto molto rilevante per l’economia globale, dato che il Pil cinese rappresenta oltre il 13% del Pil mondiale. Nel 2016 i fattori geopolitici potrebbero influire sull’economia mondiale molto più di quanto sia avvenuto in tempi recenti. Partiamo dalla Cina. Il crollo della borsa è stato preceduto, nei mesi passati, da numerosi segnali di rallentamento della crescita cinese: il nuovo dato della Bank of China, che ha rivisto la sua previsione di crescita per il 2016 al 6,8%, è in calo sia rispetto alla precedente previsione (6,9%) che rispetto ai dati dell’inizio del 2015, attestati intorno al 7%. Dopo che nel luglio 2015 si era registrato un rallentamento delle esportazioni, in agosto le autorità monetarie cinesi hanno svalutato lo yuan. Ovviamente, lo scopo era quello di sostenere le esportazioni e, di conseguenza, la crescita del Pil.
Tuttavia è importante osservare le modalità inusuali con cui tale misura è stata messa in atto: se, in generale, questo tipo di decisioni sono implementate dalle autorità in modo rapido e drastico, nell’arco di poche ore, la svalutazione dell’agosto 2015 è stata effettuata a diverse riprese, nell’arco di più giorni.