di Pupa Garribba (ricercatrice di Storia orale)
È passato esattamente mezzo secolo dalla Guerra dei sei giorni. La testimonianza di un’ebrea italiana che ha vissuto in prima persona quegli eventi.
Pupa Garribba
di Daniela Mazzarella
Alla Casa della Memoria e della Storia di Roma, lo scorso 1 marzo, è stato proiettato in prima visione nazionale il film “La storia di Irena Sendler” di Andrzej Wolf (Polonia, 2015).
di Pupa Garribba
Arte, musica, teatro, cucina, conferenze, eventi letterari, visite guidate nelle sinagoghe e molto altro nella Giornata europea della cultura ebraica che si è tenuta il 18 settembre.
intervista a Pupa Garribba, a cura di Claudio Paravati
In occasione del Giorno della Memoria, abbiamo intervistato Pupa Garribba, giornalista e storica collaboratrice di Confronti, testimone e intervistatrice della Shoah Foundation di Los Angeles.
Cosa vuole dire per te ricordare?
Per me ricordare ha un significato se c’è qualcuno disposto ad ascoltare. La mia esperienza è molto traumatica: finita la guerra, tornata dall’esilio svizzero – ero profuga – ho trovato, al mio rientro, un muro impenetrabile davanti a me. Nessuno voleva sapere. Questa impressione, di un’Italia che non voleva ascoltare e che non voleva fare i conti col proprio passato, è stata una ferita che non si è chiusa per molti anni.
Quando è cambiato qualcosa?
Quando nel 1990, in pieno periodo dei naziskin, una scuola – ancora non c’era il Giorno della Memoria – mi ha contatto per andare a raccontare la mia testimonianza presso il proprio istituto…