di Nicola Pedrazzi. Giornalista, redattore della rivista il Mulino, già corrispondente da Tirana per Osservatorio Balcani e Caucaso Di fronte al conflitto…
Putin
Russia: i novant’anni di Gorbaciov, il potere di Putin, la vicenda Navalny
di Luigi Sandri. Redazione Confronti Tempo di ricordi e di tormenti in Russia: parliamo dei novant’anni di Mikhail Sergheevič Gorbaciov; e del…
Albania e Macedonia del Nord. Il lungo cammino verso l’Europa
La decisione del Consiglio europeo di ottobre di non aprire i negoziati di adesione all’Unione europea dell’Albania e della Macedonia del Nord ha provocato forte delusione e accese polemiche. Tra i paesi europei contrari all’apertura dei negoziati si annoverano Francia, Olanda e Danimarca. Il presidente francese Macron è stato determinato nelle motivazioni del suo veto, ponendo due questioni: da una parte i nuovi allargamenti e il meccanismo di adesione dei nuovi stati membri, dall’altra la riforma dell’Ue stessa.
Il 5 gennaio a Istanbul il patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I, presente il presidente ucraino Poroshenko, ha firmato il “tomos” – decreto sinodale – che concede l’autocefalia alla neonata Chiesa ortodossa d’Ucraina; e l’indomani l’ha consegnato al neo-primate Epifanyi. Che il patriarcato di Mosca, furente, considera “scismatico”.
di Raul Caruso (economista, Università Cattolica del Sacro Cuore. Direttore del Center for Peace Science, Integration and cooperation [Cespic] di Tirana) Nelle…
di Luigi Sandri (redazione Confronti)
Malgrado una situazione non facile per molti russi, il 18 marzo Putin è stato rieletto, per la quarta volta, con il 76,6% dei voti. Con un messaggio all’Occidente: nessun cruciale problema del mondo può essere risolto contro, o senza, la Grande Russia.
di Raffaella Di Marzio
Il caso della Congregazione dei Testimoni di Geova in Russia si inserisce in un contesto gravemente illegale e discriminatorio che caratterizza le politiche di quel paese che mirano a limitare le libertà civili e, in particolare, la libertà religiosa.
di Mostafa El Ayoubi
Tra i tanti dossier scottanti che Obama lascerà in eredità a Trump c’è quello turco.
di Franco Cardini (storico)
Le elezioni legislative di novembre hanno rafforzato la posizione di Erdogan. Consapevole dell’importanza geostrategica della Turchia per la Nato, il «sultano» manda segnali chiari all’Europa giocando la carta dei profughi e avverte la Russia – abbattendo un suo aereo militare – che Ankara difenderà i suoi interessi nel Medio Oriente.
Possiamo forse adesso cominciare a capire come sfrutterà Erdogan la sua prestigiosa vittoria nelle elezioni, ma da qui a sostenere che ci sono stati dei brogli, delle intimidazioni, delle violenze, ce ne corre. Anzi, diciamolo pure: a parte qualche caso particolare e qualche diceria, sostanzialmente non è vero. L’affluenza ai seggi è stata alta ma ordinata, com’è del resto nelle tradizioni turche. Gente abituata alla disciplina, e non da ieri, i turchi sono disciplinati perfino quando protestano. La Turchia si è espressa liberamente e a larga maggioranza: sta con Erdogan, ed è perfettamente inutile rispolverare la solita obiezione idiota che «anche Hitler andò al potere vincendo libere elezioni». Un paragone che non vuol dir nulla.
di Giulietto Chiesa
La crisi attuale – spiega a Confronti il giornalista Giulietto Chiesa, già parlamentrare europeo, fondatore del laboratorio politico-culturale «Alternativa» – non parte dalla cosiddetta «annessione» della Crimea. Che, in realtà, è stata un vero, plebiscitario pronunciamento popolare. La storia è cominciata con un colpo di Stato, avvenuto a Kiev il 22 febbraio, con il rovesciamento violento di un presidente regolarmente eletto dalla maggioranza degli ucraini. Corrotto fin che si vuole, e anche un po’ di più. Ma se dovessimo applicare questi criteri, di governanti corrotti ce ne sono stati e ce ne sono in abbondanza anche nel resto d’Europa.
Devo a un amico russo un documento molto interessante, che presto ripubblicherò in edizione integrale su pandoratv.it: si tratta di un’intervista televisiva a Vladimir Putin risalente presumibilmente al 2004, cioè ai primi anni della sua prima presidenza. Ne traggo qualche citazione testuale che ci permette di collocare precisamente in quel contesto la fine dell’idillio tra la Russia di Eltsin e gli Stati Uniti. Parlo della Russia di Eltsin perché Putin ne faceva parte così intimamente da essere stato designato come successore.
E dunque quale fu la cosa che fece terminare l’idillio? Putin discorre sui missili antimissile che gli americani volevano piazzare nella Repubblica Ceca e poi in Polonia…