di Adriano Gizzi
Alcuni consigli di lettura utili per farsi un’idea in vista del referendum costituzionale del 4 dicembre.
REFERENDUM
Cari britannici, la vostra “parrocchia” non sia il vostro mondo
di Tim Macquiban
Dichiarazione a titolo personale del direttore dell’Ufficio metodista per l’ecumenismo di Roma e pastore della Chiesa metodista di Ponte Sant’Angelo.
Come può uno che è stato un fervente ed appassionato europeista sin da quando il Regno Unito ha aderito alla Comunità economica europea, nel 1975, accettare il voto “Leave” che l’elettorato britannico ha espresso il 23 giugno? Nonostante gli sforzi dei leader di quasi tutti i partiti e di molti capi di chiesa, leader della finanza e dell’industria e del mondo dello sport, delle arti e dello spettacolo, per convincerli a votare “Remain”, gli elettori con una risicata maggioranza del 4% (52 a 48%) hanno votato per lasciare l’Unione europea.
Le conseguenze di questo devono ancora essere pienamente percepite. È una vittoria per la libertà e per le forze anti-establishment, che incoraggia a mostrare i muscoli analoghi movimenti nazionalisti, populisti, anti-governativi e contro l’immigrazione in Francia, nei Paesi Bassi e altrove?
di Adriano Gizzi
A ottobre gli italiani saranno chiamati a pronunciarsi su un referendum costituzionale di cui molti ignorano i contenuti. Come previsto – e voluto dallo stesso Renzi – l’appuntamento si trasformerà in un plebiscito pro o contro il governo.
In una domenica di ottobre, molto probabilmente il 16, gli elettori italiani verranno separati nettamente in due, neanche fossero le acque del Mar Rosso: da una parte quelli che ritengono Matteo Renzi il più grande statista di tutti i tempi (e la sua riforma costituzionale, approvata il 12 aprile scorso, la soluzione ai problemi del paese) e dall’altra parte coloro che vedono nel premier un ducetto che vuole stravolgere e ridurre a carta straccia «la Costituzione più bella del mondo». Delle due l’una, tertium non datur. Ma probabilmente la maggior parte delle persone andranno alle urne per il referendum costituzionale senza aver letto neanche una riga del ddl Boschi e decideranno cosa votare esclusivamente sulla base delle simpatie o antipatie politiche. Non è un caso se la quasi totalità del Partito democratico è mobilitata a favore, con migliaia di comitati per il Sì, e tutte le forze di opposizione sono schierate per il No.
Mondo cattolico – o, almeno, una sua parte, quella parte che potremmo definire “conciliare” – spaccato sul voto da dare nel referendum sulle riforme costituzionali sul quale si voterà a ottobre, dato che anche la Camera (il 12 aprile) ha approvato definitivamente quanto già varato dal Senato. Il 21 marzo, infatti, è stato presentato a Roma un “Appello dei Cattolici del No” che invita appunto a respingere – nel referendum – le modifiche alla Costituzione caldamente invece sostenute dal governo Renzi. Il 18 aprile, poi, è stato reso noto un altro e ben diverso Appello, che critica nel merito il precedente e, invocando il rispetto della laicità, ribadisce il rifiuto di motivazioni religiose sia per votare NO che per votare SI’.
Pubblichiamo integralmente i due testi, con le firme che fin qui hanno raggiunto; e gli indirizzi email ai quali chi lo voglia può inviare la propria adesione.
di Patrizia Larese
Sul volo per Corfù due giovani sposi, seduti accanto a me, mi raccontano che stanno tornando a casa dopo aver trascorso alcuni giorni a Roma. Sono molto contenti della vacanza e della loro situazione. Si ritengono fortunati in un periodo difficile come l’attuale. Entrambi hanno un lavoro: lei è tecnico in una piccola impresa, lui cassiere in un supermercato. Si considerano dei privilegiati rispetto ai loro coetanei, hanno avuto la possibilità di questa breve vacanza a Roma però, nonostante i sorrisi, sento nelle loro parole un senso di insicurezza perché, spiegano, vedono un futuro incerto e molto instabile. Quando chiedo la loro opinione sul governo Tsipras rispondono che non sanno cosa pensare e che attendono quello che succederà a breve.
Dialogando con altre persone, ho l’impressione di trovarmi di fronte ad un popolo stanco e rassegnato. La gente intervistata riferisce di sentirsi vessata da anni da una politica di austerità che li ha costretti in ginocchio e che ha ridotto molti di loro in miseria. Il numero dei cittadini sotto la soglia della povertà, cioè con reddito inferiore ai 5mila euro l’anno, è calcolato sui tre milioni di persone (su una popolazione di circa 11 milioni di individui).
di Luigi Sandri
Quarant’anni fa Vaticano ed episcopato – salvo eccezioni – si batterono per far vincere il Sì all’abrogazione della legge sul divorzio; ma vinse il No, per il quale si impegnarono anche molti cattolici, del disagio e del dissenso. E le gerarchie, sconvolte, scoprirono un paese laico, secolarizzato e con il gusto per la libertà di coscienza. Sembra preistoria, eppure – storicamente parlando – è solo ieri: ci riferiamo alle vicende collegate al referendum sulla legge del divorzio, che ebbe luogo in Italia quarant’anni or sono, il 12 e 13 maggio 1974. Raccontare un pochino il «come eravamo», soprattutto a chi quei tempi non ha vissuto, ci sembra interessante, perché quella data, simbolicamente, può essere ritenuta uno spartiacque sia nella Chiesa cattolica – a livello di Santa Sede e di Italia – sia nella società. Il dilemma Sì-No lacera la Chiesa cattolica. Da sempre quasi tabù nel mondo politico italiano, l’idea di introdurre una legge sul divorzio prese vita formalmente nel 1965, quando i radicali, con ardire, crearono la Lega italiana per l’istituzione del divorzio; da parte loro, due deputati, il socialista Loris Fortuna e il liberale Antonio Baslini unificarono le loro proposte sul divorzio che, infine, il primo dicembre 1970 divenne legge dello Stato. La Dc, pur contraria al testo, tenne a bada i suoi esponenti più antidivorzisti che volevano fare ostruzionismo.
Come in una bella canzone di Fossati, la voglia di partecipazione e la democrazia diretta hanno prevalso sull’apatia e la sfiducia nel…
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