di Giuseppe Giulietti
Milioni di italiani non hanno gradito una campagna elettorale sguaiata, urlata… Come utilizzerà ora Renzi questa investitura popolare? La riterrà un via libera su tutto, una promozione del governo con Alfano, un “sí” anche ad eventuali alleanze con Berlusconi? Oppure la utilizzerà per “cambiare verso” davvero all’Italia e preparare lo schieramento che dovrà affrontare le prossime elezioni politiche? Le prossime mosse saranno decisive e faranno capire la direzione di marcia.
«Fortunato di essere in Italia». Questa la prima paradossale sensazione, mentre guardo i risultati che arrivano dal resto d’Europa. Altrove razzisti, neonazisti, neofascisti raggiungono percentuali a due cifre: dalla Francia alla Danimarca, dalla Grecia all’Ungheria… qui sono restati al palo, non sono, almeno per ora, in condizione di nuocere. Per una volta l’infelice anomalia italiana ha avuto la meglio sulla infelicissima norma europea e non ci sembra poca cosa anche perché, pure a casa nostra, erano risuonate le parole della discriminazione, della xenofobia, della caccia allo straniero e al diverso.
Renzi
di Corradino Mineo, senatore del Pd – Il problema di Renzi non è Renzi, sono gli altri. Si è affermato, come politico puro, grazie alla debordante volontà di potenza e dopo che i maestri della politica, i professionisti presunti di quel mestiere, uno dopo l’altro s’erano gettati giù dalla torre. Il «rottamatore» ha dato solo l’ultima spintarella. Molto di più hanno fatto Beppe Grillo, sputtanando l’opposizione inconcludente al ventennio di Berlusconi, e Giorgio Napolitano prima ricorrendo al governo dei tecnici e mostrando con che povera creta fosse impastata la «riserva della Repubblica», poi ostinandosi a proporre un governo costituente con Berlusconi, sovrapponendo alla palude le «larghe intese della Casta».
Così è arrivato sul proscenio il piè veloce, non scordiamolo. Ma cosa c’è dietro Renzi: il nulla sotto vuoto spinto, come pretende Maurizio Crozza? Vediamo. Ha accompagnato il Pd dentro il socialismo europeo ma sarebbe dura definirlo socialista. Né democristiano: gli manca il pensiero lungo di Moro, il senso dello Stato di Scalfaro, quello della mediazione di Prodi. La sera in cui vinse le primarie, Renzi chiamò l’Italia «la bella addormentata». Bella, per natura e cultura, ma dormiente, incapace di scuotersi dal torpore, e di scrollarsi di dosso le piattole che la tormentano.
di Adriano Gizzi – Al di là delle simpatie o antipatie per il personaggio, ma anche al di là del giudizio sui modi e lo stile, dopo la manovra politica che ha portato Renzi a sostituire Letta alla presidenza del Consiglio tutti si sono posti la stessa domanda: perché? Cosa lo ha spinto? Cosa gli dà tanta sicurezza?
Il 26 febbraio scorso si è tenuto alla Fondazione Basso di Roma un incontro organizzato da Lunaria e Sbilanciamoci.info su «L’alba del renzismo». L’occasione è stata fornita dall’uscita di un inserto speciale del quotidiano il manifesto (il quarto di una serie intitolata «Sbilanciamo l’Europa») dedicato al «Renzismo in arrivo».
di Felice Mill Colorni – Quasi a tutti, anche a chi non apprezzava il Presidente Nipote, la sostituzione di Renzi a Letta è sembrata, se non altro per le modalità, un’inutile e gratuita manifestazione di brutalità e di incontinenza, spiegabile più con gli strumenti dell’analisi psicologica e caratteriale che con quelli dell’analisi politica. L’inizio non cessa di essere pessimo…