di Patrizia Larese
Sul volo per Corfù due giovani sposi, seduti accanto a me, mi raccontano che stanno tornando a casa dopo aver trascorso alcuni giorni a Roma. Sono molto contenti della vacanza e della loro situazione. Si ritengono fortunati in un periodo difficile come l’attuale. Entrambi hanno un lavoro: lei è tecnico in una piccola impresa, lui cassiere in un supermercato. Si considerano dei privilegiati rispetto ai loro coetanei, hanno avuto la possibilità di questa breve vacanza a Roma però, nonostante i sorrisi, sento nelle loro parole un senso di insicurezza perché, spiegano, vedono un futuro incerto e molto instabile. Quando chiedo la loro opinione sul governo Tsipras rispondono che non sanno cosa pensare e che attendono quello che succederà a breve.
Dialogando con altre persone, ho l’impressione di trovarmi di fronte ad un popolo stanco e rassegnato. La gente intervistata riferisce di sentirsi vessata da anni da una politica di austerità che li ha costretti in ginocchio e che ha ridotto molti di loro in miseria. Il numero dei cittadini sotto la soglia della povertà, cioè con reddito inferiore ai 5mila euro l’anno, è calcolato sui tre milioni di persone (su una popolazione di circa 11 milioni di individui).
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