di Marco Mazzoli (professore di Politica economica, Università di Genova)
Il Transatlantic Trade and Investment Partnership è costituito da una serie di negoziazioni di trattati commerciali, condotti prevalentemente in segreto tra l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America, con la motivazione ufficiale di «ridurre le barriere commerciali» tra Unione europea e Stati Uniti. Già il fatto che i contenuti della negoziazione, i suoi contorni e i suoi obiettivi siano segreti è di per sé inaccettabile per una democrazia rappresentativa (teoricamente dovrebbe esserlo anche l’Unione europea e, teoricamente, dovrebbero essere democratiche le sue istituzioni) e richiama, nel metodo, i trattati segreti tra le monarchie assolute, dove i governanti guidano sudditi e non cittadini.
Soprattutto, questa assenza di trasparenza non è certamente saggia in una fase in cui le istituzioni europee non godono esattamente di grande popolarità. Una forte impostazione ideologica già caratterizza l’architettura istituzionale dell’Unione europea, che prevede una moneta unica, non solo senza una politica fiscale “federale” europea, ma, per di più, senza il minimo coordinamento né la minima armonizzazione tra le politiche fiscali nazionali.
Ttip
di Monica Di Sisto (vicepresidente dell’associazione Fairwatch, tra i portavoce della Campagna Stop Ttip Italia – www.stopttip-italia.net)
Proseguono in segreto i negoziati del Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti per la creazione della più grande area di libero scambio al mondo (44% del commercio mondiale). Le conseguenze per l’Occidente e per i Paesi in via di sviluppo.
6,5 miliardi: sono tutti gli abitanti del pianeta che, non essendo cittadini degli Stati Uniti né dell’Europa, in teoria potrebbero volersi disinteressare del negoziato transatlantico di liberalizzazione di commercio e servizi in corso, quasi in segreto, dal 2013: il Ttip. In realtà, se le trattative arrivassero in fondo, creerebbero la più grande area di libero scambio interregionale al mondo, pari al 47% del Pil mondiale e al 44% del commercio mondiale, cosa che avrebbe implicazioni molto profonde non soltanto per le due sponde dell’Atlantico. Il 75% circa della facilitazione degli scambi tra i due blocchi, infatti, arriverà dalla rimozione delle attuali “barriere” che rendono gli scambi più complessi di quanto non vorrebbero le grandi imprese che operano attualmente su questa scala.