di don Cristiano Bettega (direttore dell’Ufficio Cei per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso)
Quanto fu lungimirante quel fatto storico del 1848, quando il 17febbraio si inaugurò una stagione di riconoscimento dei diritti civili ai valdesi e agli ebrei, nell’allora Regno Sabaudo, tramite le leggi patenti di re Carlo Alberto! Un momento frutto di una lunga preparazione; e da un passato fatto di sofferenze per le discriminazioni e le persecuzioni subite. Oggi questa data ci ricorda delle libertà come un importante risultato storico ottenuto, e delle discriminazioni a sfondo religioso, che si ripresentano, purtroppo, anche ai nostri giorni.
In questo senso, far memoria per come lo vogliamo proporre qui significa saper guardare la storia, con attenzione, chiedendosi: a che punto siamo oggi per quel che riguarda la libertà religiosa? La viviamo realmente? E la desideriamo, la riconosciamo come un fattore imprescindibile anche da una testimonianza cristiana nella società?
valdesi
di don Cristiano Bettega (responsabile dell’Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della Conferenza episcopale italiana)
«Era ora!». Quante volte, di fronte a gesti attesi, desiderati, preparati e richiesti magari da molto tempo, abbiamo esclamato che «era ora» che quel gesto avvenisse, che quella parola fosse pronunciata, che quegli occhi si incontrassero e quelle mani si stringessero? A Torino, la mattina del 22 giugno scorso, nessuno – almeno al microfono – ha detto che era ora; tutti però lo abbiamo sentito pronunciare dal cuore, tutti lo abbiamo letto sul volto del vicino, tutti siamo usciti dal tempio valdese convinti che davvero era ora che quella soglia fosse finalmente varcata.
Un particolare degno di sottolineatura, a mio avviso, e neanche poi tanto secondario, è il fatto che in quell’oretta siamo riusciti tutti a imparare qualcosa, se soltanto ne abbiamo avuto la volontà. Le testate di quei giorni si sono prodigate – e giustamente! – nell’affermare che dopo otto secoli era la prima volta che un papa entrava in una chiesa valdese, che l’avvenimento era di quelli che segnano la storia, che le attese erano tante e giustificate. Tutto vero.
Franco Giampiccoli è scomparso questa mattina, 9 luglio, a Torre Pellice, a 80 anni. Pastore valdese, nato a Milano nel 1934, ha servito con passione la chiesa. Come pastore (a Perrero, Vallecrosia, Roma, Torino, Palermo), come direttore del centro ecumenico di Agape, come direttore del settimanale l’Eco delle valli valdesi – La luce (che divenne poi Riforma) e come moderatore della Tavola valdese. Incarichi importanti per i quali esprimeva riconoscenza. Scrittore appassionato, ci lascia i suoi importanti lavori e i molti articoli e libri scritti in tanti anni. Negli ultimi tempi si era dedicato a biografie di importanti personaggi della storia del protestantesimo, da Charles Beckwith a Henri Dunant. La sua testimonianza è stata un insegnamento importante per molti. La redazione di Confronti lo ricorda con stima e affetto.
di Brunetto Salvarani
Per capire qualcosa dell’eccezionalità dell’evento del 22 giugno, parto con una memoria personale: ripenso a quando, fine anni Settanta, con un gruppetto di amici della parrocchia accompagnati dal nostro frate di riferimento, in un viaggio a Ginevra decidemmo di entrare a visitare la chiesa di Giovanni Calvino. Di fronte a tale ipotesi, accadde qualcosa da noi ragazzi del tutto imprevisto: il buon frate sbiancò, si fece muto, entrammo con lui visibilmente imbarazzato, e riprese a parlare solo dopo essere uscito. Guardandoci di traverso, stupito che non capissimo quanto grave fosse ciò che avevamo fatto, e l’avevamo costretto a fare. Negli anni seguenti, avrei raccolto ben altre testimonianze del dileggio sistematico e popolare dei cattolici nei confronti dei valdesi e di altre realtà di matrice protestante, fino agli anni del Vaticano II. Ma todo cambia, e fortunatamente non sempre in peggio. L’ecumenismo, dono di Dio al cristianesimo novecentesco, si è progressivamente fatto strada: troppo lentamente, secondo qualcuno, eppure riuscendo a favorire la creazione di un clima (almeno) di rispetto reciproco fra le Chiese.
Foto: Pietro Romeo/Riforma
di Grado Giovanni Merlo (docente di Storia del cristianesimo all’Università di Milano e presidente della Società internazionale di studi francescani)
L’imminente visita di papa Francesco alla comunità valdese di Torino rappresenta un fatto di enorme rilievo: un rilievo che va ben al di là del dato, per dir così, quantitativo. I valdesi contemporanei sono poche migliaia, sparsi e dispersi nella penisola italiana e nel lontano Uruguay: poche migliaia che però suscitano l’interesse curioso e, talora, ammirato di non pochi cittadini italiani, che da qualche anno a loro destinano una quota significativa dell’8 per mille. Eppure, dei valdesi contemporanei, in generale, si sa molto poco, come dimostrano quasi sempre gli organi di informazione di massa, che ripetono, in modo acritico, la favola della loro discendenza da «Pietro Valdo, ricco mercante di Lione». I valdesi contemporanei sarebbero, perciò, i “discendenti” degli “eretici medievali”, nascostisi nelle marginali valli delle Alpi occidentali per sfuggire alla repressione ecclesiastica e così sopravvissuti fino ai giorni nostri. L’attrazione mediatica dell’eventuale titolo giornalistico “Francesco incontra Pietro Valdo” diviene irresistibile: papa Bergoglio riproporrebbe la mitica figura di san Francesco d’Assisi e i valdesi si rinnoverebbero, a modo di sineddoche o di metonimia, nell’altrettanto mitica figura di Valdo.
di Letizia Tomassone (teologa valdese)
La Chiesa cattolica lancia il grido d’allarme sulla questione dell’identità sessuale, lasciando intendere che si voglia introdurre nell’educazione dei giovanissimi una sorta di «disordine sessuale» che metterebbe a soqquadro l’ordine creato da Dio. Ma una riflessione sulla costruzione sociale dell’identità sessuale è oggi quanto mai necessaria.
Partiamo da una premessa chiara: non esiste una «ideologia del gender» né un attacco concertato sul piano scolastico per introdurre una nuova idea di identità sessuale. Invece fa parte dello sviluppo della comprensione umana e della consapevolezza di sé, una comprensione più sfumata e articolata dell’esistenza, che parte anche dall’esperienza sofferta di persone che patiscono un corpo in contrasto con sé.
Vivere il vangelo in minoranza. Breve storia dei valdesi a Palermo»
Renato Salvaggio
«Vivere il vangelo in minoranza. Breve storia dei valdesi a Palermo»
Il pozzo di Giacobbe, 2005
128 pagine, 13,50 euro
Le vicende della comunità Valdese a Palermo, iniziatesi nella seconda metà dell’Ottocento, costituiscono un tassello rilevante del mosaico complessivo della storia siciliana (anche in relazione al tema scottante della mafia e dell’atteggiamento delle chiese rispetto ad essa). Tuttavia, al di là del frammento di storia “locale”, questa narrazione – scritta da un valdese con sincera partecipazione esistenziale e con grande apertura mentale verso le altre espressioni religiose – consente di esaminare da vicino un caso particolare di un fenomeno diffuso nel mondo: la condizione sociologica di ogni minoranza, costretta dalla sua stessa marginalità a cercare equilibri sempre nuovi fra la fedeltà alla propria identità e l’inserimento nel contesto socio-culturale in cui è radicata.
Abbiamo chiesto a Daniele Garrone, docente di Antico Testamento alla Facoltà valdese di teologia, di tracciare un ritratto di Mario Miegge, uno degli intellettuali valdesi più noti e acuti, scomparso il 19 marzo scorso.
È troppo presto per tracciare un bilancio dell’eredità di Mario Miegge. Ora è il tempo del vuoto per la perdita di un intellettuale fine e rigoroso; di un interlocutore pungente e sensibile al tempo stesso; di un appassionato sostenitore della sfera pubblica come luogo di interazione, nella polis, di discorsi volti alla ricerca di un migliore assetto della consociatio umana, sempre minacciata da tirannidi; di un valdese appassionato e critico; di un compagno di tante battaglie; per molti di noi, di un amico. La sua vita può essere innanzitutto descritta in base alle sue «scelte professionali», alla professione che proprio lui ci ha sempre ricordato essere «vocazione». Nato nel 1932, dopo la laurea all’Università di Roma La Sapienza, fu docente al liceo classico di Avezzano e all’Università di Urbino, per poi divenire professore ordinario di Filosofia teoretica all’Università di Ferrara, che lasciò con il titolo di emerito. Qui fu, tra l’altro, tra i fondatori, e poi preside, della Facoltà di Magistero (ora «Lettere e filosofia»).
Domenica 16 marzo le chiese metodiste e valdesi italiane celebrano la Giornata della legalità. Inizialmente istituita nel 2009 dalle chiese del sud Italia, nell’ultimo Sinodo valdese e metodista è diventata Giornata nazionale, nella consapevolezza che “la fede cristiana deve saper denunciare il sopruso e l’ingiustizia”. Motto di quest’anno è “Agire onestamente, rispettare le norme costituzionali”, che farà da guida tanto ai culti domenicali quanto alle manifestazioni pubbliche organizzate dalle chiese locali. «La legalità – ha detto il moderatore della tavola valdese, pastore Eugenio Bernardini – è la condizione primaria ed essenziale per lo sviluppo democratico di ogni paese. Per poter vivere nella legalità – ha proseguito Bernardini – è necessario che tutti i cittadini siano educati a osservare le regole e a convivere rispettando se stessi e gli altri.
sabato 8 febbraio 2014, ore 17
La Chiesa Valdese di Piazza Cavour di Roma, in occasione del suo centenario, invita al culto di ringraziamento a cura delle comunità valdesi di Roma, presieduto dai pastori Antonio Adamo ed Emanuele Fiume, con la predicazione del Moderatore della Tavola Valdese, pastore Eugenio Bernardini.
Alle ore 11 sarà inaugurata, con visita guidata, la mostra «Cento anni del Tempio Valdese di piazza Cavour».
Sarà in vendita il volume Il Tempio Valdese di Piazza Cavour a cura di Laura Ronchi De Michelis (ed. Viella)
«La chiesa valdese di piazza Cavour iniziava la sua vita il pomeriggio dell’8 febbraio 1914 in condizioni del tutto anomale. Da un lato era nuova ma poteva vantare oltre quarant’anni di presenza nella città di Roma: i valdesi erano arrivati a Roma il 20 settembre 1870, con il loro carico di Bibbie in italiano trasportate su un carretto trainato da un cane; dall’altro nasceva senza fedeli, ma in realtà aveva alle spalle una comunità solida di oltre 300 membri».
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