Francesco Peloso, «La banca del Papa. Le finanze vaticane fra scandali e riforma», Marsilio, Roma 2015, 220 pagine, 16 euro. di…
Vaticano
di Luigi Sandri
L’Assemblea che in ottobre (4-25) ha riflettuto sulla famiglia ha raggiunto alcune conclusioni aperte al futuro ma, su molti temi che hanno visto i «padri» divisi, ha confermato visioni pastorali arcaiche, respinte da molti cattolici. Il chiaroscuro del Sinodo accelera perciò la necessità di un nuovo e rappresentativo Concilio.
Sarà il tempo a dire se le conclusioni del Sinodo dei vescovi dedicato alla famiglia avranno portato pace e chiarezza all’interno della Chiesa cattolica romana, o se l’audacia su alcuni temi, la reticenza e le contraddizioni su altri, e l’armistizio su altri ancora – come la non esplicita ammissione alla comunione delle persone divorziate e risposate civilmente – riaprirà contrasti dottrinalmente irrisolti e dibattiti laceranti su problemi pastorali assai sentiti dalle persone direttamente interessate e dagli stessi parroci chiamati a «discernere caso per caso». E perciò papa Francesco, da una parte rinfrancato per alcuni «consigli» incoraggianti giuntigli da un’Assemblea consultiva che sembra aver compreso il suo leit-motiv sulla misericordia, ma anche reso pensoso per altri pesanti «no» o «ni», nella sua esortazione apostolica post-sinodale dovrà trovare una sintesi, aperta al futuro, tra le strade nuove imboccate e i problemi semplicemente rinviati e le parole attese ma non dette.
di don Cristiano Bettega (responsabile dell’Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della Conferenza episcopale italiana)
«Era ora!». Quante volte, di fronte a gesti attesi, desiderati, preparati e richiesti magari da molto tempo, abbiamo esclamato che «era ora» che quel gesto avvenisse, che quella parola fosse pronunciata, che quegli occhi si incontrassero e quelle mani si stringessero? A Torino, la mattina del 22 giugno scorso, nessuno – almeno al microfono – ha detto che era ora; tutti però lo abbiamo sentito pronunciare dal cuore, tutti lo abbiamo letto sul volto del vicino, tutti siamo usciti dal tempio valdese convinti che davvero era ora che quella soglia fosse finalmente varcata.
Un particolare degno di sottolineatura, a mio avviso, e neanche poi tanto secondario, è il fatto che in quell’oretta siamo riusciti tutti a imparare qualcosa, se soltanto ne abbiamo avuto la volontà. Le testate di quei giorni si sono prodigate – e giustamente! – nell’affermare che dopo otto secoli era la prima volta che un papa entrava in una chiesa valdese, che l’avvenimento era di quelli che segnano la storia, che le attese erano tante e giustificate. Tutto vero.
di Luigi Sandri
Perché, bruciando tutti i media, un certo sito, legato a L’Espresso, lunedì ha anticipato l’intero testo dell’enciclica Laudato si’ che ufficialmente i giornalisti accreditati presso la Sala stampa della Santa Sede avrebbero ricevuto giovedì 18 giugno, alle ore 9, e con embargo alle 12 dello stesso giorno? Concordo con quanti ritengono che si tratti di un’operazione scientificamente preparata per cercare di sabotare il documento di papa Francesco. Il sabotaggio consiste nel depotenziare il messaggio del testo perché, adesso ormai diffuso in anticipo su molti siti internet, e ieri e oggi commentato con intere pagine dai maggiori quotidiani, fa perdere incisività e novità alla prevista presentazione ufficiale.
Naturalmente, il testo non è arrivato dal cielo, al citato settimanale: una mano amica – una mano vaticana o comunque ecclesiastica – glielo ha passato, proprio allo scopo di lanciare uno scoop che sconvolgesse la programmata presentazione. Infatti, i media non daranno più lo spazio previsto all’enciclica, in quanto ormai priva di novità, e dunque potendo apparire ai lettori una «minestra riscaldata».
intervista a Paolo Ricca (pastore e docente emerito di Storia della Chiesa alla Facoltà valdese di teologia di Roma).
«La misericordia di Dio è sicuramente il cuore della rivelazione biblica e della fede cristiana e quindi proporla alla riflessione dei cristiani affinché la mettano in pratica è un’operazione evangelicamente ineccepibile e assolutamente benvenuta. D’altronde, si può presumere che l’invito a essere misericordiosi il papa lo rivolga anzitutto proprio alla gerarchia cattolica, che su molte questioni morali si è dimostrata anche in anni recenti assai rigida e per nulla misericordiosa».
Che ne pensa, professor Ricca, dell’idea stessa di un Giubileo della misericordia?
«L’idea di indire con troppa frequenza dei Giubilei mi pare piuttosto discutibile; sarebbe meglio non abusare degli Anni santi, e preservare il loro carattere eccezionale, esortando piuttosto i cristiani a santificare, cioè a vivere davanti a Dio e con Dio, ogni anno e ogni giorno della loro vita. Comunque questo Giubileo straordinario è stato indetto, e noi ne prendiamo atto. Notiamo, intanto, che esso sarà «decentrato»: non solo le basiliche papali romane avranno la loro Porta Santa, ma la cattedrale di ogni diocesi del mondo avrà la sua, per cui non sarà necessario venire a Roma per godere dei benefici del Giubileo».
A cent’anni dal genocidio degli armeni, polemica fra il papa e il governo turco
di Luigi Sandri per Confronti/Riforma
Grande giornata armena, a Roma, il 12 aprile: papa Francesco ha ricordato ufficialmente il centenario del Metz Yeghern (il Grande Male), cioè l’inizio del genocidio del popolo armeno nell’impero ottomano, cominciato il 24 aprile 1915. Il pontefice ha celebrato messa nella basilica vaticana, insieme al patriarca cattolico di Cilicia degli armeni, Nerses Bedros XIX Tarmouni; ad essa hanno assistito Karekin II, supremo patriarca e catholicos di tutti gli armeni, e Aram I, catholicos della Grande Casa di Cilicia (di Antélias); presente anche il presidente dell’Armenia, Serz Sargsyan. Poi Francesco ha ricevuto tutte queste personalità, consegnando loro un apposito messaggio, nel quale ricordava: «Un secolo è trascorso da quell’orribile massacro che fu un vero martirio del vostro popolo, nel quale molti innocenti morirono da confessori e martiri per il nome di Cristo… Il vostro popolo, illuminato dalla luce di Cristo e con la sua grazia, ha superato tante prove e sofferenze, animato dalla speranza che deriva dalla Croce… Questa fede ha accompagnato e sorretto il vostro popolo anche nel tragico evento di cento anni fa che “generalmente viene definito come il primo genocidio del XX secolo” (come afferma la Dichiarazione comune firmata da Giovanni Paolo II e Karekin II il 27settembre 2001, a Etchmiadzin, la città santa degli armeni, vicino a Erevan)».
Ci risiamo con il «gender». Le religioni vivono se comprendono il futuro
di Giancarla Codrignani
Per piacere, qualcuno dovrebbe informare papa Francesco e la Segreteria della Cei che perfino alla Banca mondiale esiste un Gender Action Plan, in cui la «Gender equality» viene definita «smart economics». Per non parlare dei PhD in «Women’s and Gender Studies» o dell’Erasmus Mundus che si occupa degli stessi Women’s and Gender Studies in cooperazione con sette università europee – tra le altre l’Università di Bologna – e altre nord e sud-americane.
Perfino l’Associazione italiana di Psicologia chiede che si promuova una cultura che favorisce la relazione e la nonviolenza. Dico questo perché, mentre dire «spuzza» crea un neologismo di buona efficacia mediatica, la manifestazione di ostilità nei confronti del gender mostra un mancato aggiornamento su una materia che la Chiesa cattolica può contestare solo se ne conosce la filosofia e le scuole. Perché il gender riguarda in primo luogo il genere femminile; potrebbe valere anche per il maschile se l’uomo si accorgesse di essere un «genere». Il termine ordinariamente tutti lo hanno incontrato alle elementari, dove la morfologia della lingua ha un gran bisogno di imparare il gender perché si impara che «maestro» fa regolarmente «maestra», mentre «ministro» rivolto a una donna con la desinenza in -o non è ancora errore blu.
Confronti, con il patrocinio di Università eCampus, invita all’incontro
Quo Vadis Chiesa di Francesco? Tra aperture, incertezze, speranze
Luigi Sandri, vaticanista di Confronti, intervista il teologo Vito Mancuso
Venerdì 19 dicembre 2014 ore 17.00
Università eCampus – via Matera 18, Roma
(Complesso S. Dorotea IV piano – Metro Re di Roma)
Saluti di apertura: Rita Neri, responsabile Università eCampus sede di Roma
Introduce: Gian Mario Gillio, direttore di Confronti
Nel corso dell’evento Vito Mancuso presenterà il suo ultimo libro Io Amo (Garzanti)
Seguirà cocktail
Per informazioni 06 699 40 111 – ufficiostampa@uniecampus.it
di Giovanni Franzoni
Recenti scelte e affermazioni del vescovo di Roma mostrano il suo tentativo di tenere insieme una Chiesa polarizzata. Su presenza del diavolo, aborto, eutanasia, egli ha espresso indicazioni che suscitano perplessità; su altri temi – questione sociale, povertà, sinodalità – ha invece indicato strade coraggiose e innovative.
È davvero difficile il «mestiere di vivere» del vescovo di Roma che, in quanto cardine dell’unità cattolica, deve custodire la comunione all’interno della sua Chiesa, solcata da opinioni variegate e, spesso, incomponibili (sintetizzando, tra conservatori e progressisti) su come affrontare certi intricatissimi nodi teologici, istituzionali, pastorali ed etici. Perciò ho sempre sentito sim-patia e affetto per i papi che hanno attraversato la mia esistenza, anche quando mi è sembrato che alcune loro decisioni fossero infelici. Con questo spirito guardo a Francesco e, senza darne una valutazione complessiva, vorrei qui riflettere su alcune sue recentissime iniziative, o dichiarazioni.
Il Sinodo straordinario dei Vescovi cattolici sulla famiglia, indetto in Vaticano dal 5 al 19 ottobre 2014, s’interrogherà su numerosi temi, dalle unioni «di coppie che vivono insieme senza matrimonio religioso o civile», all’accompagnamento dei divorziati risposati, delle unioni di persone dello stesso sesso al problema dell’educazione dei loro figli. Temi su cui la Chiesa Cattolica torna finalmente a riflettere e a interrogarsi.
Vari gruppi e movimenti cattolici italiani ed internazionali, a poche ore dall’inizio del Sinodo dei Vescovi, hanno deciso di organizzare a Roma per Venerdì 3 ottobre 2014 la conferenza internazionale “Le strade dell’Amore” che vuole proporre ad alcuni teologi, provenienti da varie parti del mondo, un tema impegnativo: «Quale pastorale con le persone omosessuali e transessuali». Perchè non si può infatti parlare di famiglia senza parlare di tutte le famiglie, incluse quelle che hanno dovuto, che devono e che dovranno confrontarsi con l’omosessualità.
Alla conferenza “Le strade dell’Amore” si parlerà dei genitori delle persone omosessuali, che sono chiamati a vivere un percorso di accettazione in cui, spesso, « si deve diventa genitore per una seconda volta».