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George Fox

by Goffredo Fofi

di Goffredo Fofi. Scrittore, critico letterario e cinematografico, giornalista. Direttore della rivista Gli asini.

Lo scopo di questa nuova rubrica è di “pescare esempi” nella Storia più o meno recente delle tante forme di “rifiuto” contro l’accettazione del mondo “così com’è” o di come i poteri economici e politici stabiliscono che siano. In questa prima puntata si parlerà di George Fox, il predicatore inglese fondatore del quaccherismo.

Pochi decenni or sono, un grande storico inglese morto nel 2012, Eric Hobsbawm, di scuola marxista – anzi meglio: gramsciana – ha scritto un libro molto importante, Il secolo breve (Einaudi), che riflette sul Novecento vedendone le tragedie e le speranze, le contraddizioni. Il secolo breve è uno di quei libri che, nelle scuole superiori, dovrebbe essere letto dai giovani e presentato dai loro insegnanti, ché non solo di Storia si tratta, ma del mondo in cui viviamo e delle sue immense trasformazioni ancora recenti (lo sviluppo della tecnica, le rivoluzioni e le dittature, il trionfo del capitalismo), che hanno segnato e condizionato l’esistenza di tutti, e ancora oggi ché di quella Storia siamo tutti figli o eredi.

Ma non è solo per questo sintetico capolavoro che Hobsbawm va ricordato, ma per tre saggi che ne formano infine uno,
I ribelli, I banditi  e I rivoluzionari, ancora in catalogo da Einaudi. Fu un grande storico, Hobsbawm, ma forse troppo legato al suo savio marxismo per non vedere che la Storia non ha una linearità oggettiva, e che anche nelle forme di ribellione non si passa da forme di rivolta primitiva a forme legate a una idealità rivoluzionaria, diciamo pure socialista…

Non solo storicamente, in quella che alcuni chiamerebbero la nostra preistoria, ancora oggi le forme della rivolta individuale e di gruppo e di classe sono molte e diverse – e a volte parallele e contemporanee, se si guarda alla storia del pianeta nella sua varietà storica e culturale, economica e sociale. Nonché religiosa!

Mi servirò certamente delle lezioni di Hobsbawm per ritornare su esempi storici differenti di rivolta individuale, legata alle rivolte di tanti o di esempio e modello per tanti, ma preferirò andar pescando anche altrove, e cercare esempi e modelli che mi sembrino più istruttivi rispetto all’oggi, alla paludosa e nebbiosa realtà storica del nostro presente – segnato da un nuovo incubo, quello ecologico, e non solo da quelli economico (le enormi differenze tra un Paese e l’altro, tra chi ha e chi non ha…) e militare (l’esplodere di nuovi conflitti e la paura di una guerra atomica, che sembrava passata dopo gli anni Cinquanta del ‘900, dopo i decenni dell’“equilibrio del terrore” e poi della coesistenza…

Tante sono state e possono ancora essere le forme di rifiuto di accettare il mondo così com’è e come i poteri economici e politici stabiliscono che sia… Qui e altrove. Cercherò, nella mia pochezza di non-storico, attraversando spavaldamente (e rozzamente) epoche e situazioni, ma cercando di tener fede alle mie aspirazioni di semplice “militante dei valori”, come avrebbe detto un indimenticabile maestro mio e di tanti, Aldo Capitini, e cioè, kantianamente: “del bello, del giusto e del vero”…

Comincerò, guarda caso, da una rivolta che fu prima di tutto religiosa ma anche, obbligatoriamente e di conseguenza, politica. Comincerò dunque il racconto – forse superficiale, ma certamente sincero e soprattutto partecipe – di alcuni personaggi della lunga e inquieta e indomabile
famiglia di coloro che hanno detto coraggiosamente il loro “no” a un ordine ingiusto e alle idee su cui quell’ordine si reggeva, partendo da un “riformato”, da un personaggio storico che mi è particolarmente caro, fondatore con altri della “setta” dei quaccheri, cioè i “tremolanti”, come vennero chiamati nel Seicento perché sostenevano che bisognasse tremare di fronte a Dio, all’Eterno.

Fondatore di quella corrente (tuttora viva e attiva per quanto minoritaria) della Riforma fu un profeta che mi sembra di straordinaria simpatia anche politica, e non che non mi sembra vada considerato soltanto come un profeta religioso, ma anche come ispiratore di un modo di intendere la politica e il ruolo del singolo “militante”.

Parlo di George Fox, e copio dal suo Diario un appunto del 1648: «Quando Dio mi inviò nel mondo, mi proibì di togliermi il cappello davanti a chiunque, elevata o umile che fosse la sua condizione, e mi impose di dare del “tu” e del “te” a tutti gli uomini e a tutte le donne, senza considerazione per la loro condizione sociale, fosse essa elevata o bassa, di ricchezza o di povertà. E mentre viaggiavo su e giù per il Paese, non dovevo dire “buongiorno” o “buonasera” a nessuno; né dovevo fare inchini o piegare il ginocchio davanti ad alcuno; e questo faceva infuriare le sette e gli uomini di Chiesa».

E Fox aggiunge: «Oh, la rabbia, il disprezzo, la collera e il furore! Oh, i colpi, i pugni, le botte e gli imprigionamenti che dovemmo sopportare per non toglierci il cappello davanti agli uomini!». Fu da quel rifiuto che nacque il movimento dei quaccheri, una delle componenti più generose e più “moderne” della Riforma. Moderne perché non tanto di una chiesa o setta si tratta, insistette Fox, ma di una “Società degli Amici” decisamente pacifista e nonviolenta, e accettante con semplicità anche altre fedi, secondo modi che Capitini avrebbe definito di “aggiunta religiosa all’opposizione”.

Ph. © Illustrazione di Doriano Strologo

Goffredo Fofi

Goffredo Fofi

Scrittore, critico letterario e cinematografico, giornalista. Direttore della rivista Gli asini

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