di Brunetto Salvarani
Per capire qualcosa dell’eccezionalità dell’evento del 22 giugno, parto con una memoria personale: ripenso a quando, fine anni Settanta, con un gruppetto di amici della parrocchia accompagnati dal nostro frate di riferimento, in un viaggio a Ginevra decidemmo di entrare a visitare la chiesa di Giovanni Calvino. Di fronte a tale ipotesi, accadde qualcosa da noi ragazzi del tutto imprevisto: il buon frate sbiancò, si fece muto, entrammo con lui visibilmente imbarazzato, e riprese a parlare solo dopo essere uscito. Guardandoci di traverso, stupito che non capissimo quanto grave fosse ciò che avevamo fatto, e l’avevamo costretto a fare. Negli anni seguenti, avrei raccolto ben altre testimonianze del dileggio sistematico e popolare dei cattolici nei confronti dei valdesi e di altre realtà di matrice protestante, fino agli anni del Vaticano II. Ma todo cambia, e fortunatamente non sempre in peggio. L’ecumenismo, dono di Dio al cristianesimo novecentesco, si è progressivamente fatto strada: troppo lentamente, secondo qualcuno, eppure riuscendo a favorire la creazione di un clima (almeno) di rispetto reciproco fra le Chiese.
Foto: Pietro Romeo/Riforma