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Senza limiti energetici

by Stefano Allievi

di Stefano Allievi. Sociologo, Professore di Sociologia presso l’Università degli studi di Padova.

Fra i limiti che la nostra società ha più difficilmente arginato per far fronte alle proprie esigenze c’è quello relativo alla disponibilità e al costo dell’energia. Ma come sarebbe il mondo se…

Siamo una società senza limiti: li superiamo uno per uno. Anche quelli fisici: quelli che fino a ieri consideravamo insuperabili. L’aspettativa di vita si allunga, puntando all’in(de)finito. La disponibilità e la varietà di cibo (per chi può permetterselo: e questo è un altro discorso, anche se forse dovrebbe diventare il discorso), senza quasi più distinzione tra naturale e artificiale, punta anch’essa all’indefinito. Finora il limite principale all’infinità – oltre naturalmente a quello della quantità di superficie utilizzabile, aria e acqua presenti sul pianeta – è stato la disponibilità e il costo dell’energia. Ma se anche questo dovesse cadere?

Le tecnologie legate alle energie rinnovabili – che non consumano direttamente risorse infinite, e che quindi possono riprodursi illimitatamente – stanno conoscendo uno sviluppo impressionante. Energia solare, eolica, marina, idroelettrica, geotermica, ma anche quella ricavata dalle biomasse, aggiungendoci la grande scommessa potenziale dell’idrogeno, e persino le nuove tecniche di fusione oggi allo studio, aprono effettivamente a questa possibilità.

Una volta imparato a stoccare l’energia prodotta – e anche qui i progressi sono impressionanti e rapidissimi – potrebbe essere possibile immaginare un mondo in cui l’energia, per la prima volta nella Storia, possa essere una risorsa virtualmente inesauribile, indefinitamente riproducibile, non inquinante o quasi (l’inquinamento potrebbe limitarsi alla fase della produzione della tecnologia necessaria, appunto, ma per il resto non ci sarebbe produzione di CO2, responsabile in buona parte del riscaldamento atmosferico), e quasi gratuita (certo, per chi dispone delle tecnologie necessarie, e qui si apre un’altra faglia e un altro tipo di disuguaglianza, e di conflitti potenziali: come sempre tra chi può, chi non può e chi vorrebbe).

O, almeno, si potrebbe ipotizzare una quasi totale disponibilità di energia a costi molto ridotti per la maggior parte degli usi ordinari – anche lavorativi e di trasporto – e l’utilizzo transitorio di risorse non rinnovabili (fino a che la tecnologia stessa non troverà altri modi di superare questo problema) per gli usi attuali maggiormente energivori (un’acciaieria, per fare un esempio): ma un Paese potrebbe scegliere se e in che misura investire in settori altamente energivori, o al contrario investire per superarne la necessità. Diciamo tutto ciò da inesperti in materia tecnologica, che vogliono solo provare a delineare gli scenari futuribili che si aprono. Con quali effetti tutto ciò accadrebbe? Proviamo ad andare a tentoni, senza disporre di tendenze o linee guida: si tratta di immaginare il non ancora immaginato. 

Diciamo tutto ciò da inesperti in materia tecnologica, che vogliono solo provare a delineare gli scenari futuribili che si aprono. Con quali effetti tutto ciò accadrebbe? Proviamo ad andare a tentoni, senza disporre di tendenze o linee guida: si tratta di immaginare il non ancora immaginato.

Due scenari possibili, all’ingrosso – come sempre, quando si parla di futuro, e ci si divide inevitabilmente tra apocalittici ed edenici, tra catastrofisti e costruzionisti, banalmente tra pessimisti e ottimisti. Da un lato spreco ulteriore, iperproduzione, superconsumismo, iperaccumulazione, più diffuse e più profonde diseguaglianze – dentro e tra Paesi, città, quartieri – che ci costringerebbero in prospettiva a cercare altri mondi, non (solo) per umana curiosità e desiderio di scoperta, ma per eccesso, sovrabbondanza, occupazione ipertrofica di tutti gli spazi, illimitatezza di rifiuti prodotti, scarti e discariche (come in un bel film di animazione di qualche anno fa, Wall-E), paradossale diminuzione delle (altre) risorse proprio a seguito della disponibilità di una risorsa illimitata.

Dall’altro liberazione dal bisogno, minore sfruttamento della terra, riduzione radicale dell’inquinamento e conseguente diminuzione dei rischi da climate change, pratiche di condivisione locale come effetto di politiche di razionalizzazione, investimento in beni relazionali e comunicativi, maggiore disponibilità di tempo per la socialità e le attività di cura, di trasmissione di conoscenze e di cultura – pratiche oggi vagamente alternative come potenzialità di massa.

Ecco, il fatto che non sappiamo che direzione prenderemo, che non abbiamo alcuna idea di quello che succederà – ma che nell’inconscio prevalgano i timori (che la fantascienza si incarica di portare alla luce) – è precisamente il problema: l’inesistenza di questi temi nella politica politicante, il disinteresse culturale che circonda questi dibattiti, avvertiti solo da piccole cerchie di interessati o da grandi interessi in gioco. È qui che si fa chiaro che non dobbiamo lavorare solo sui limiti esterni, ma soprattutto su quelli interiori: che siamo noi a non saper scegliere tra il meglio e il peggio di noi. A dimostrazione che il problema non è fuori, ma dentro di noi.

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Stefano Allievi

Professore di Sociologia presso l’Università degli studi di Padova.

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