di Goffredo Fofi. Scrittore, critico letterario e cinematografico, giornalista.
Istituendo l’Opera nazionale Balilla il Fascismo si impossessò impropriamente della figura del giovane patriota Giovanni Battista Perasso che il 5 dicembre del 1746, tirando un sasso contro i soldati austriaci che occupavano la città, dette il via alla guerriglia che li cacciò. Ma il vero spirito di Balilla aveva avuto degli eredi in tanti ragazzini che presero parte a modo loro alla Resistenza, primi fra tutti quelli che presero eroicamente parte alle Quattro giornate di Napoli, la prima città europea a liberarsi dei nazisti.
I bambini italiani furono ossessionati per tutti gli anni del Fascismo (e anche, in parte, dopo perché i nuovi libri di scuola ci misero molto ad arrivare e perché i maestri e le maestre elementari ci misero molto ad aggiornarsi e ad adattarsi alla Repubblica e alla democrazia) dal racconto di un eroe della loro età, il ragazzino genovese soprannominato Balilla che il 5 dicembre del 1746, tirando un sasso contro i soldati austriaci che occupavano la città, dette il via alla guerriglia che li cacciò.
C’è a Genova un monumento nella piazza del bel quartiere di Portoria che ricorda quel gesto. Gli storici non sono riusciti davvero a dare un nome e cognome a quel ragazzo, anche se si trattò per alcuni del patriota Giovanni Battista Perasso, noto per altre successive imprese. Il mito dell’eroico ragazzino e del suo sasso crebbe nel Risorgimento (e non bisogna dimenticare il peso che la Liguria ha avuto nella sua storia, con due liguri d.o.c. come Giuseppe Garibaldi e Giuseppe Mazzini…) e fu scelto dal Fascismo trionfante come proprio, istituendo l’Opera nazionale Balilla, un’organizzazione destinata a bambini di 8/10 anni, ben diversa da quella dei boy-scout, e con tanto di divisa e di moschetto, di inno e di riti (il più diffuso, l’alzabandiera scolastico).
«I bimbi d’Italia / son tutti Balilla» diceva la canzone che si faceva cantare nelle scuole: un’ossessione per tanti, un rito anche divertente per altri a cui piaceva, come a tutti i bambini, giocare alla guerra, ma stavolta con la benedizione dei grandi e sotto i loro diktat organizzativi… Ma vennero chiamati Balilla sommergibili, aerei, un settimanale illustrato, la prima automobile utilitaria ovviamente Fiat, un fucil… E Balilla ci diventò antipatico, per via di chi si serviva del suo nome e del suo mito…
Dopo la guerra i Balilla vennero per fortuna dimenticati, ma Balilla (quello vero) aveva avuto degli eredi in tanti ragazzini che presero parte a modo loro alla Resistenza, primi fra tutti – anche in ordine di tempo (27-30 settembre 1943) – quelli che presero eroicamente parte alle Quattro giornate di Napoli, la prima città europea a liberarsi dei nazisti. Un bel monumento di Marino Mazzacurati (inaugurato nel 1963) ricorda gli eroici “scugnizzi in armi” alla Riviera di Chiaia, e tra i tanti ragazzini che alle Quattro giornate presero parte, i più coraggiosi furono quelli che, nel disordine di quei giorni, fuggirono dal riformatorio. Di due vittime si è serbata a Napoli affettuosa e riconoscente memoria, Gennarino Capuozzo, di 11 anni, e Filippo Illuminati, di 13 anni. Agli scugnizzi delle Quattro giornate sono state dedicate anche delle canzoni, come Canto allo scugnizzo, cantata da Teresa De Sio e Carlo D’Angiò, suonata da Eugenio Bennato e dalla Nuova compagnia di canto popolare.
E nel film di Nanni Loy sulle Quattro giornate gli scugnizzi hanno un ruolo importante, mentre è stata trascurata o dimenticata e censurata la partecipazione alla rivolta anche dei “femminielli”, i ragazzi gay che nella Napoli di un tempo erano quasi un’istituzione. La partecipazione dei bambini alle guerre degli adulti non è cosa nuova, e lo sanno bene, oggi, sia i bambini russi che gli ucraini… Dei bambini si sono approfittati dittatori come Stalin, Hitler, Mussolini, Franco, nonché Mao e tanti tanti altri.
È facile ingannarli, ma va anche ricordata la lezione di tanto movimento operaio e di tanti pedagogisti che hanno considerato importante la partecipazione di bambini e ragazzi a certe azioni degli adulti, per esempio, da noi, scioperi e manifestazioni. Lotte…
È facile ingannarli, i bambini, ma è anche doveroso aiutarli a crescere e a sapere che, senza lotta, non si ottiene giustizia e non si difende la libertà.
Illustrazione © Doriano strologo

Goffredo Fofi
Scrittore, critico letterario e cinematografico, giornalista.