Home RubricheDispacci di pace La pace attraverso l’ucronia?

La pace attraverso l’ucronia?

di Raul Caruso

di Raul Caruso. Economista, Università Cattolica del Sacro Cuore (Milano). Direttore del Center for Peace Science Integration and Cooperation (CESPIC) di Tirana.

Con “ucronia” si intende la costruzione da parte degli scrittori di un mondo alternativo a quello che la Storia ci ha consegnato e prende forma per dare una risposta alla domanda «che mondo avremmo avuto se alcune condizioni ovvero determinati eventi non si fossero realizzati?»

In questi ultimi mesi è stato recentemente pubblicato in Italia da Adelphi un gradevolissimo libro del famoso scrittore Emmanuel Carrère dal titolo Ucronia scritto nel 1986. L’ucronia è poco conosciuta ma in sintesi potremo definirla come la costruzione da parte degli scrittori di un mondo alternativo a quello che la Storia ci ha consegnato. L’ucronia prende forma per dare una risposta alla domanda «che mondo avremmo avuto se alcune condizioni ovvero determinati eventi non si fossero realizzati?». In effetti, così come esplicita Emmanuel Carrère, le (poche) ucronie realizzate tendono a voler dimostrare che alcune situazioni della Storia potevano essere migliori di quelle che si sono effettivamente realizzate quantomeno nell’idea dello scrittore ucronista. L’idea e la pratica dell’ucronia potrebbero essere un esercizio intellettuale forse cruciale per recuperare quello che a noi manca per costruire in maniera solida sia una cultura che una scienza della pace. Da sempre si lamenta il fatto che la pace è troppo spesso interpretata in senso negativo, vale a dire come assenza di guerra e non in senso positivo vale a dire come uno stato del mondo costruito per la rimozione sistematica della violenza a tutti i livelli ma anche per la piena realizzazione della libertà degli esseri umani. L’esercizio dell’ucronista allora può rivelarsi estremamente utile.
Cosa sarebbe del mondo oggi se non fosse stata sganciata una bomba atomica su Hiroshima ma si fosse raggiunto un accordo di pace tra Stati Uniti e Giappone? Quale sarebbe la percezione delle persone se non avessimo impiccato i gerarchi nazisti a Norimberga o Saddam Hussein a Baghdad, ma li avessimo mandati in un duro esilio?

In breve, se per riflettere sulla pace abbiamo bisogno di studiare le guerre allora legittimamente possiamo e dobbiamo compiere uno sforzo intellettuale provando a decostruire l’esistente – accettato sovente per istinto o pigrizia come l’unico risultato possibile – e riflettere su come le guerre sono condotte e infine portate a termine. Il risultato storico acquisito, infatti, ci spinge a una sorta di favore per il determinismo per cui siamo nella nostra comfort zone nel pensare che se è andata in un certo modo non poteva andare altrimenti. In questa prospettiva, la perniciosità della retorica sviluppatasi all’indomani dell’offensiva militare iniziata dalle Forze armate della Federazione Russa il 24 febbraio 2022, invadendo il territorio ucraino è evidente.
Secondo quanto dichiarato da tutti i leader politici di una parte o dell’altra la guerra sarà vinta. Come tutti sappiamo, il riferimento storico è quello della Seconda guerra mondiale. Ma come già detto in queste pagine, la maggior parte delle guerre non si vincono ma si tramutano in interminabili confronti militari forieri di sofferenze umane incalcolabili. Come rimuovere quindi la retorica fallace della “guerra che si vince”? Ecco forse la bontà di compiere uno sforzo verso l’ucronia o forse addirittura verso una sorta di ucronia anticipata e sincronica. Come finirebbe la guerra se non pensassimo che l’unica soluzione possibile alla guerra sia la vittoria militare di una delle parti? Come sarebbero finite le guerre del passato se le parti non avessero perseguito con pervicacia una definitiva vittoria militare? Se l’obiettivo del nostro esercizio ucronico è quindi quello di demolire la convinzione che la vittoria militare di una parte sia l’unico risultato possibile di una guerra, questo impegno non può non accompagnarsi a uno sforzo di riscoperta, studio e rilettura dei momenti della Storia in cui la violenza è stata sostituita da segnali e passi concreti verso la pace.

Ph. Ben White © via Unsplash

Picture of Fulvio Ferrario

Fulvio Ferrario

Economista, Università Cattolica del Sacro Cuore (Milano). Direttore del Center for Peace Science Integration and Cooperation (CESPIC) di Tirana.

Abbonati ora!

Solo 4 € al mese, tutta Confronti
Novità

Seguici sui social

Articoli correlati

Scrivici
Send via WhatsApp