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Renzi perde ma non si arrende (all’evidenza)

by redazione

di Adriano Gizzi

Riconosce la sconfitta alle amministrative, ma come ricetta propone di mantenere la rotta che per molti è proprio la causa della crisi del Pd.

Finalmente il Pd ha fatto qualcosa di sinistra: perdere. La battuta è di Gianni Kuperlo. Sì, con la kappa: si tratta di un “fake” su Twitter, ma ha quasi lo stesso numero di follower di quello vero. E anche questo la dice lunga su come sia messo oggi il Partito democratico. Matteo Renzi è diventato segretario del Pd e poi premier (con il percorso disinvolto che tutti ricordiamo) all’insegna della rottamazione: cambiare le persone, ma anche le vecchie idee. Ha scelto quindi di liberarsi da quelle che riteneva zavorre del passato, consapevole di perdere magari qualche vecchio elettore che si ostina a considerarsi “di sinistra” (come Nanni Moretti nella piscina di Palombella rossa: «Ho paura, c’è l’acqua alta al centro!»), con la prospettiva però di guadagnare molti più consensi nel mare aperto della politica nuova, post-ideologica.

Le elezioni amministrative del 5 e 19 giugno hanno prodotto un risultato inverso rispetto a quello delle europee del 2014, quando Renzi aveva conquistato nuovi voti riuscendo a mantenere anche gli elettori tradizionalmente di sinistra. Questa volta ha perso entrambi: botte vuota e moglie sobria. Dopo aver tentato di minimizzare i risultati del primo turno, all’indomani dei ballottaggi il leader del Pd ha dovuto ammettere la «sconfitta senza attenuanti». Parole nette, che però non lasciano spazio all’autocritica. Il problema infatti – questo il sottinteso – non sarebbe lui, ma chi lo ostacola nell’opera di rinnovamento, ossia la minoranza del Pd.

Ma è proprio dal Pd che vince e governa, quello del sindaco di Bologna Merola, che viene l’appello a Renzi affinché recuperi l’attenzione ai ceti più deboli e ai lavoratori. Un’analisi del voto che in altri tempi sarebbe stata considerata ovvia, dati i risultati catastrofici del Pd nei quartieri periferici delle città dove si è votato. Emblematico il caso di Roma, dove al ballottaggio Giachetti raccoglie buoni risultati solo nelle sezioni del centro, mentre Raggi trionfa in tutte le periferie.

Quando i cinque stelle sono nati, c’è chi ha indicato l’opportunità per i partiti tradizionali di “fare tesoro” del campanello d’allarme accettando la sfida, provando cioè a rinnovarsi e a liberarsi finalmente delle vecchie logiche partitocratiche, delle commistioni fra politica e affari, della corruzione dilagante. Infastiditi da certi toni (effettivamente un po’ irritanti) e convinti evidentemente di non aver bisogno di lezioni (tantomeno da quelli che consideravano dei “mocciosi” petulanti, inesperti e capaci solo di sbraitare da dietro una tastiera di computer), i partiti hanno così reagito nel modo peggiore, per se stessi e per il paese: invece di curare la febbre, l’hanno negata. Poi hanno provato a distruggere il termometro che la indicava. Ma, come dimostrano anche queste elezioni amministrative, più le forze politiche tentano di ignorarla e più la febbre cresce. E il termometro si rafforza: emancipandosi dal ruolo di semplice indicatore, passa così – come si diceva una volta – dalla protesta alla proposta. Adesso, poi, dalla proposta al governo delle città. I più critici si domandano, legittimamente, se i 5 stelle siano in grado di governare. L’unico modo per saperlo era metterli alla prova. Sorge però anche un’altra domanda: ma il Pd è capace di fare l’opposizione? Perché viene il sospetto che forse abbia perso un po’ la mano. In questi anni, anche quando non governava, non ha mai abbandonato quella che i più entusiasti definiscono “cultura di governo”, ma che agli occhi di molti è anche altro: per esempio, le amicizie con i potenti (banchieri, finanzieri, palazzinari…). Qualcosa non di sinistra.

Vedremo se la politica tradizionale imparerà la lezione. Dai primi segnali parrebbe di no, dal momento che insiste sulla linea del «ma dove vanno questi? Non sono capaci, falliranno presto!», invece di rispondere in positivo provando a riconquistare i suoi ex elettori, sia quelli che si sono rivolti ai cinque stelle sia quelli che hanno preferito restare a casa o magari andare al mare. Dove c’è l’acqua alta.

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